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Coprifuoco alle 22 coi ristoranti aperti: ma che senso ha?

Coprifuoco alle 22 coi ristoranti aperti: ma che senso ha?

27 aprile 2021
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Per alcuni è un’assurdità consentire la riapertura di ristoranti e cinema e nel contempo stabilire un coprifuoco alle 22. Per altri è un’espressione di quella gradualità necessaria a consentire un parziale ritorno alla normalità senza lasciare spazio al virus e alle sue varianti. La conferma del coprifuoco alle 22 ha prodotto il primo strappo nel governo Draghi e contrapposto ancora una volta le ragioni della salute a quelle dell’economia. Ma ha scatenato un dibattito anche all’interno della comunità medica: è una misura che ha un senso scientifico o no? Ha almeno un’utilità sociale oppure è una limitazione ingiustificata che produce più danni che benefici? Ne parlano per noi Flavio Civitelli, presidente toscano di Anaao Assomed, sindacato dei medici ospedalieri; e Paolo Biasci, presidente della Federazione italiana dei medici pediatri (Fimp).

Flavio Civitelli (presidente Anaao-Assomed): Riaprire ora è un rischio serve cautela

È giusto confermare il coprifuoco alle 22. Il dibattito in corso è una storia nota che noi medici conosciamo bene. Lo abbiamo provato sulla nostra pelle e sappiamo quanto poco ci voglia per tornare a una crescita dei contagi. Per questo sono favorevole a un’apertura graduale delle attività. Lo sappiamo: molte categorie economiche sono state penalizzate dalla pandemia ed è opportuno che ci sia una ripresa. Ma questa deve essere - ora più che mai - graduale.

Fino a oggi, e ormai da tempo, i bar e i ristoranti sono stati chiusi al pubblico, con la sola possibilità dell’asporto e delle consegne a domicilio. Ora invece i clienti potranno sedersi ai tavoli. A pranzo, intanto. E anche a cena, purché entro le 22 tutti siano a casa. Dal mio punto di vista - che poi è quello di molti altri colleghi - la prudenza è d’obbligo. Tutti noi nutriamo il desiderio di tornare a una vita normale, ma non dobbiamo dimenticare il bene più prezioso: la salute.

Confrontandoci, in questi giorni, abbiamo sottolineato l’importanza di non abbassare la guardia. Ed è vero - come obietterà qualcuno - che il virus continua a circolare durante tutto il giorno, anche prima del coprifuoco. Ma il messaggio di questa misura è semplice: non è ancora arrivato il momento del "libera tutti". Dobbiamo accogliere la possibilità di tornare a una vita un po’ più normale come un risultato straordinario. E come tutto ciò che è prezioso, deve essere salvaguardato. E soprattutto gestito con prudenza.

Perché ci siamo passati più volte: le ondate del contagio hanno insegnato a tutti - non solo ai medici - quanto poco tempo ci voglia per tornare al punto di partenza, come nel Gioco dell’Oca. All’improvviso. Questo è ciò che vogliamo e dobbiamo assolutamente evitare. Il numero dei contagi sta calando, la pressione ospedaliera è appena scesa sotto il "tutto esaurito". Non possiamo mollare la presa proprio ora.

E per ora dobbiamo accontentarci di quelle che, agli occhi di molti di noi, sono delle conquiste importanti. Tornare di nuovo a sederci a un tavolo è già un motivo di gioia. Come tornare a popolare cinema e teatri. Poco importa se potremo cenare soltanto per un turno prima di tornare a casa entro le 22. Perché tra le corsie degli ospedali, abbiamo visto la sofferenza e respirato il dolore di quelle famiglie che hanno visto salire un familiare su un’ambulanza e non l’hanno mai più visto tornare. Il nostro lavoro lo abbiamo fatto con serietà e dedizione. Sempre. Da più di un anno siamo in prima linea per aiutare chiunque abbia bisogno. Per regalare una speranza a chi resta a casa, in attesa. A volte i nostri pazienti ce l’hanno fatta. Altre, invece, no. Ed è proprio a loro, in questo momento che profuma di speranza di un nuovo inizio, che dobbiamo pensare.

E anche a noi tutti, cittadini che in questi lunghi mesi abbiamo fatto rinunce dolorose. La Toscana deve ripartire, è vero. È giusto così. Ma lo deve fare un po’ alla volta. Il mio - e quello di molti colleghi - è un invito alla prudenza e al buon senso. La nostra speranza è di vedere al più presto di nuovo le piazze affollate, i bambini che giocano nei parchi, i ristoranti e i bar pieni di gente. Questo significherà che ce l’abbiamo fatta. E che, davvero, il Covid l’abbiamo sconfitto. Ma, purtroppo, è ancora presto per cantare vittoria. Il virus, subdolo, è ancora tra di noi. Le varianti sono ancora più pericolose, perché più contagiose. E le persone vaccinate - altro tasto dolente - sono ancora troppo poche.

Contiamo sul fatto che le dosi arrivino presto e in quantità maggiori per costruire, tutti insieme, quell’immunità di gregge che potrà portarci più vicini alla normalità. Ma ci vorrà ancora tempo. L’importante è non smettere di essere prudenti. Anche da domani, quando magari ci incontreremo con amici che non vediamo da un po’. È un momento atteso, desiderato. Ma dobbiamo anche pensare al futuro e al rischio di mollare la presa. Prendiamoci ancora un po’ di tempo. Aspettiamo ciò che accadrà nelle prossime settimane. Non lamentiamoci del coprifuoco: quello che già potremo fare da domani sarà già molto.

Paolo Biasci (presidente Fimp): Misura inutile se seguissimo le regole

Il coprifuoco è una scelta politica, non sanitaria. L’orario in cui rientriamo a casa non c’entra nulla col diffondersi della pandemia. Il virus ce lo possiamo trasmettere in qualsiasi momento della giornata. Quello che conta davvero è il nostro atteggiamento nei confronti del Covid. Non dobbiamo sfidarlo, non dobbiamo dimenticarlo, tantomeno sottovalutarlo. Conviverci è possibile, anche dopo le 22. Dipende tutto da noi. E in tanti purtroppo non l’hanno ancora capito.

È possibile che nei prossimi giorni il governo valuti un cambio di coprifuoco. Potremmo vederci "regalare" un’ora in più. Tutti a casa alle 23, anziché alle 22. E menomale, aggiungo. Perché con l’avvicinarsi della stagione estiva lo Stato "concede" diverse riaperture. Una su tutte: quella dei ristoranti. Come facciamo ad andare a cena fuori se alle 22 dobbiamo essere a casa? Che facciamo, andiamo a mangiare alle 19? È evidentemente un paradosso.

Anche teatri e cinema vedono una piccola luce in fondo al tunnel. Tra qualche tempo si potrà tornare a gustarsi un film in sala o uno spettacolo sulle poltroncine in platea. Arriva la bella stagione e le maglie delle restrizioni si allargano. Come l’anno scorso. Attenzione, però. Perché l’ultima volta che la morsa dei divieti si è allentata, la maggior parte della gente ha sbagliato tutto. Tentare di tornare a piccoli passi alla normalità non significa che il virus non esista più. Non abbiamo sconfitto un bel niente. Presto ritroveremo molte abitudini della nostra quotidianità che ormai fatichiamo a ricordare. Ma le regole da seguire rimangono. E sono sempre le solite tre. Non mille, nemmeno cento. Tre. La mascherina sul volto, l’igienizzazione frequente delle mani e la distanza di almeno un metro dalle altre persone che non siano quelle con cui viviamo.

Ma è davvero così difficile? Io non credo. Dopo un anno abbondante di pandemia dovremmo aver capito come funziona questo terribile "giochino" che non è assolutamente divertente. Dovrebbe essere chiaro a tutti che la diffusione del virus dipende da quanto stiamo insieme. Ma soprattutto da come stiamo insieme. Le occasioni di contagio si combattono con una buona educazione sanitaria. Mangiare un panino dentro o fuori da un bar non cambia molto. Pensate a tutte le file che si creano all’esterno delle pizzerie per l’asporto. Accade da mesi. Ininterrottamente. Sono situazioni "accettate" dal governo, comunque molto pericolose. S’incontra l’amico sul marciapiede, si scambiano due chiacchiere, magari ci si abbassa la mascherina, ci si stringe la mano, la stessa che poi ci passiamo sugli occhi. E il danno è servito.

Ecco perché il coprifuoco lascia il tempo che trova. Perché siamo circondati da momenti che possono catapultarci nel tunnel del virus. Non è tanto un fatto di orario. Se tutti noi avessimo capito l’importanza delle norme anti-contagio, il coprifuoco potrebbe anche essere tolto completamente. Ma vediamo ogni giorno come tante persone tengano atteggiamenti sbagliati, pericolosi.

E qui entra in gioco la politica, che per ridurre le occasioni di socialità rinchiude tutti in casa. Io in un certo senso capisco i nostri governanti. Non si fidano della popolazione e di conseguenza continuano a tenere alto il muro delle restrizioni. Non è bello da dire, ma dobbiamo guadagnarci la libertà. Nel senso che dobbiamo dimostrare che anche senza i divieti siamo in grado di mantenere comportamenti responsabili.

Ora si va verso l’estate. Affrontiamola meglio di quella dell’anno scorso. A tutti noi piace prendere un caffè con gli amici al tavolo di un bar ma possiamo evitare di parlare con gli altri a dieci centimetri di distanza o con la mascherina sotto al naso. Possiamo fare in modo che le cose migliorino. Che la normalità torni alla svelta. Nella speranza che la campagna vaccinale vada avanti velocemente, e che dopo l’estate arrivino anche i vaccini da somministrare ai minori di 16 anni. Ora più che mai dobbiamo essere lucidi, concentrati e attenti. Tutto parte da noi. Dalla nostra condotta. Il coprifuoco non c’entra. E se rispetteremo le regole sono convinto che tra non molto diventerà solo un fastidioso ricordo. --

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