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Pestaggio nel carcere di Prato, pentito di mafia prende a seggiolate in testa un agente

di Redazione Prato
Pestaggio nel carcere di Prato, pentito di mafia prende a seggiolate in testa un agente

Nel reparto collaboratori di giustizia della Dogaia, un detenuto della criminalità organizzata romana colpisce alla testa un poliziotto penitenziario con uno sgabello. Cinque punti di sutura e una prognosi di otto giorni. L’allarme sul carcere fuori controllo

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PRATO Un colpo secco alla testa, sferrato con uno sgabello. Ancora una volta dentro il carcere della Dogaia di Prato, ancora una volta ai danni di un agente di polizia penitenziaria. È l’ennesimo episodio di violenza quello avvenuto giovedì 11 nel carcere pratese che riporta sotto i riflettori un istituto ormai simbolo di una tensione permanente, dove l’equilibrio tra sicurezza e gestione quotidiana sembra sempre più fragile.

Succede nel reparto dei collaboratori di giustizia. Secondo quanto ricostruito dalla procura guidata da Luca Tescaroli e poi denunciato anche dal sindacato autonomo Sappe, un detenuto della criminalità organizzata romana ha aggredito un agente colpendolo violentemente alla testa con una sedia di plastica. L’uomo, subito soccorso, è stato trasportato al pronto soccorso cittadino, dove i medici gli hanno applicato cinque punti di sutura. Lesioni non gravissime, ma l’ennesima ferita in una lunga sequenza di episodi che raccontano un carcere sotto pressione.

La Procura di Prato, in un comunicato ufficiale, ricostruisce i fatti parlando di un’aggressione avvenuta al rientro da una videochiamata, con una sedia di plastica prelevata all’interno del reparto. L’agente ha riportato una prognosi di otto giorni.

Ma il dato che preoccupa, sottolinea il Sappe, è il contesto. L’aggressore sarebbe già noto per comportamenti violenti e responsabile in passato di episodi analoghi. E soprattutto, la Dogaia arriva a questo nuovo fatto di cronaca dopo mesi segnati da inchieste che hanno svelato traffici di droga, telefoni cellulari introdotti anche con i droni, e una gestione interna sempre più complessa.

«È l’ennesimo episodio inaccettabile», afferma Francesco Oliviero, segretario regionale del Sappe. «Il carcere di Prato vive una fase di grave criticità, tra sovraffollamento e detenuti con pesanti problematiche comportamentali e psichiatriche. A pagarne il prezzo sono gli agenti, lasciati troppo spesso soli».

Parole che suonano come un allarme. Perché alla Dogaia, ormai, la violenza non è più un’eccezione, ma il sintomo di un sistema che scricchiola ogni giorno di più.

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