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Prato

Il caso

E’ saltata la trattativa per l’acquisto del Prato da parte dei “volenterosi”

di Paolo Nencioni

	Una delle tante contestazioni dei tifosi del Prato allo stadio Lungobisenzio
Una delle tante contestazioni dei tifosi del Prato allo stadio Lungobisenzio

Il presidente Stefano Commini nicchia e gli imprenditori si stufano: «Non ci interessa più»

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PRATO. Stefano Commini forse ha tirato un po’ troppo la corda e alla fine la corda si è rotta. È saltata la trattativa per l’acquisto del Prato calcio da parte della cordata di imprenditori che volevano subentrare al presidente romano. Lo certifica una mail inviata lunedì dall’avvocato degli imprenditori all’avvocato del presidente, nella quale si comunica che è venuto meno l’interesse a portare avanti l’operazione.

Se si tratti di uno stop definitivo o solo temporaneo sarà il tempo a dirlo. Al momento le comunicazioni sono interrotte e la scadenza per l’iscrizione della squadra al prossimo campionato di Serie D (30 giugno) incombe. A meno di altri colpi di scena, dunque, il Prato rimane nelle mani dell’imprenditore romano che entro fine mese dovrà mettersi in pari con gli arretrati spettanti al “gruppo prima squadra”.

La notizia si è diffusa ieri, 17 giugno, dopo un fine settimana turbolento, non solo per quanto riguarda il futuro del Prato ma per quanto riguarda il futuro della città di Prato, con la richiesta di arresti domiciliari nei confronti della sindaca Ilaria Bugetti, indagata per corruzione insieme all’imprenditore Riccardo Matteini Bresci. E non è escluso che la grana giudiziaria possa aver influito sulla trattativa calcistica, perché nella cordata dei “volenterosi”, oltre a Giovanni Santi della Beste, al costruttore Giovanni Nigro e a Tommaso Signorini della Conad, figurava anche il Gruppo Colle, amministrato fino all’anno scorso proprio da Matteini Bresci. Due vicende completamente distinte, ma un clima che forse non favorisce le trattative.

In realtà lo scoglio più grosso è un altro. La cordata dei possibili acquirenti, tramite l’avvocato, aveva chiesto a Commini di firmare una lettera d’intenti irrevocabile. La risposta è stata che la lettera lui non l’avrebbe firmata e non era disposto a concedere l’esclusiva nella trattativa, come se ci fossero altri soggetti interessati all’acquisto. Aggiungeva che i contenuti della proposta potevano essere condivisibili e che il suo commercialista era disposto a far vedere i conti della società.

Gli aspiranti compratori non ne facevano soltanto una questione di debiti e crediti, perché comunque hanno chiarito fin dall’inizio di non essere disposti ad accollarsi l’eventuale debito. Volevano soltanto capire che cosa andavano a comprare. Offrivano una valutazione di 300.000 euro per la società, a cui si poteva aggiungere un bonus di altri 300.000 in caso di promozione in Serie C entro due anni. Un’offerta apparentemente congrua che sembrava rappresentare una dignitosa “exit strategy” per un presidente che in questi quattro anni non ha raggiunto gli obbiettivi che si era posto, pur avendo investito sul Prato non pochi contanti. E che anche adesso, a distanza dai primi proclami, non si è capito bene per quale motivo abbia deciso di scommettere sui colori biancazzurri. I 37 “volenterosi” erano disposti a investire tra i 35.000 e i 40.000 euro all’anno a testa, per tre anni. Una cifra che forse non garantisce il salto di categoria, ma è comunque un buon punto di partenza. Ora il cerino resta nelle mani di Commini, che dovrà iscrivere la squadra al prossimo campionato dopo aver saldato i debiti con tecnici e calciatori e aver sciolto le riserve sulla guida tecnica, il ds Virdis e l’allenatore Mariotti, che al momento hanno solo un accordo verbale. 

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