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L’emergenza coronavirus 

Stop alle fabbriche, l’ira degli industriali Conte concede tre giorni per la chiusura

Paolo Nencioni
Stop alle fabbriche, l’ira degli industriali Conte concede tre giorni per la chiusura

Marini: «Non hanno considerato la filiera. Vogliamo imitare la Cina ma non abbiamo il loro rigore e mettiamo solo toppe»

23 marzo 2020
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prato

L’ultimo decreto del governo sullo stop alle fabbriche che non siano di “alto valore strategico” ha fatto andare di traverso la colazione a molti industriali, ma in serata Confindustria ha ottenuto quello che definisce un parziale accoglimento delle proprie proposte, e una parziale soddisfazione. Gli industriali costretti a chiudere le fabbriche avranno tempo fino a mercoledì per farlo.

Sabato sera è circolato ufficiosamente un elenco di codici Ateco, cioè la classificazione delle attività economiche, che potranno restare aperti. Quelli che interessano il distretto tessile di Prato sono sostanzialmente i seguenti: 13. 96. 20 (fabbricazione altri articoli tessili), 13. 94 (fabbricazione articoli tessili tecnici e industriali), 13. 95 (fabbricazione di tessuti non tessuti).

«Per noi è una scelta sbagliata – commentava ieri mattina Francesco Marini, vice presidente di Confindustria Toscana Nord – Ci sono sostanzialmente due problemi. Il primo è che è stato fatto all’improvviso: un’azienda non si può chiudere come un bar, ci sono problemi di manutenzione, consegne da fare, materiali che si deteriorano. Il secondo, più importante, è che non si considera assolutamente la filiera, una cosa ridicola».

Detta in altre parole, se consento a una tessitura (per esempio di tessuto non tessuto) di restare in attività ma allo stesso tempo chiudo la rifinizione è inutile produrre articoli che poi non saranno finiti. Per questo nelle ultime ore da Confindustria sono partite sollecitazioni al governo perché chiarisca la situazione. «Mantenere la continuità produttiva è fondamentale – dice Marini – I dati di Prato, oltretutto, dimostrano che non è la fabbrica il luogo più pericoloso per il contagio, se si adottano le giuste misure di protezione. Vogliamo imitare la Cina ma non abbiamo il rigore cinese per far rispettare certe disposizioni e così finisce che si mettono solo delle toppe».

«Il mantenimento della continuità produttiva, quando compatibile con le norme sulla sicurezza – ribadisce una nota di Confindustria – è fondamentale per prefigurare una ripresa che limiti i danni all’economia e all’occupazione che saranno comunque ingentissimi. Il provvedimento annunciato stanotte ha indicato solo la data di conclusione del 3 aprile, ma non la data di inizio del nuovo regime: è da escludere tassativamente che possa trattarsi di domani (oggi per chi legge, ndr) perché è impensabile che le aziende non abbiano nemmeno il tempo necessario per espletare le operazioni minime per mettere in sicurezza impianti e prodotti la cui lavorazione è magari a metà processo e che potrebbero deteriorarsi in maniera irrecuperabile. Un chiarimento in merito è urgente ed è importante che le imprese abbiano almeno 72 ore per potersi organizzare». In serata la richiesta è stata accolta.

«Le imprese avranno un po’ di respiro per organizzarsi: quelle che dovranno chiudere avranno tempo fino a tutto mercoledì 25 marzo per completare le lavorazioni in corso e spedirle ai clienti - ha scritto in una nota Confindustria Toscana Nord - È stata così recepita una delle principali richieste venute dal mondo delle imprese per contemperare le proprie esigenze produttive alle finalità di tutela della salute pubblica a cui si ispira il decreto».

«Positiva anche la procedura della comunicazione al prefetto da parte delle imprese incluse nelle filiere a servizio dei settori indicati come essenziali: una soluzione semplificata che potrà essere di aiuto per sanare quello che è apparso fin dall’inizio come un punto cruciale della questione, soprattutto – ma non soltanto – per il tessile-abbigliamento. Questa procedura potrebbe anche servire per rendere operative senza altri ostacoli le imprese riconvertite o in via di riconversione produttiva verso mascherine e dispositivi di protezione, non necessariamente fornite del codice Ateco corrispondente. Salvaguardate anche attività di consulenza necessarie all’attività aziendale. Continua invece lo sconcertante silenzio sull’edilizia: ci si chiede come saranno possibili le manutenzioni edili alle strade e autostrade e agli immobili produttivi». —

Paolo Nencioni

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