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Pontedera, ustionati nell’incendio alla Ecofor: ditta condannata a rimborsare Inail

di Pietro Barghigiani
L'ingresso alla Ecofor Service di Pontedera e una foto di Franco Silvi scattata durante le operazioni di soccorso ai due operai feriti dall’esplosione del 2011
L'ingresso alla Ecofor Service di Pontedera e una foto di Franco Silvi scattata durante le operazioni di soccorso ai due operai feriti dall’esplosione del 2011

I giudici: violate le norme sulla sicurezza. Conto di oltre 200mila euro

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PONTEDERA. L’Inail li ha indennizzati per le gravissime ferite riportate nell’esplosione avvenuta il 10 ottobre 2011 nel condotto della discarica di Gello a Pontedera. Ma quando in primo e secondo grado i giudici hanno accertato le responsabilità, su formazione e sicurezza, della ditta per cui i due operai ustionati lavoravano, l’istituto ha chiesto un rimborso al privato che il Tribunale di Lucca ha concesso. Un conto che supera i 200mila euro quello che la Ecospurghi di Altopascio è stata condannata a versare all’Inail per un incidente che di oltre 13 anni fa. Una tragedia sfiorata con due operai – un bosniaco ora 52enne e un albanese 38enne residenti in Lucchesia – travolti dalle fiamme divampate dopo uno scoppio di cui non si è mai accertata l’origine. I due hanno ricevuto oltre mezzo milione di euro. In presenza di un riconoscimento di colpa in capo al datore di lavoro, l’Inail ha bussato alla porta dell’azienda ottenendo il rimborso «a titolo di indennità temporanea assoluta al lavoro, danno biologico permanente e danno permanente da incapacità lavorativa generica e incapacità lavorativa specifica».

In Tribunale

I due operai all’epoca erano impegnati in un’attività a rischio commissionata dalla Ecofor Service alla Ecospurghi nel tunnel della discarica di Gello. Il primo effetto della terribile esplosione fu il ricovero dei dipendenti ustionati in ospedale. A seguire ci furono gli inevitabili fronti penali e civili per chiarire le cause e le responsabilità di quanto accaduto a Pontedera. Se il processo penale si era concluso con l’assoluzione con formula dubitativa (sentenza 2019 a Pisa), a livello civilistico in primo grado e in appello era stata accertata la responsabilità del datore di lavoro «per omessa formazione e informazione dei lavoratori e per non aver provveduto a mettere a disposizione dei lavoratori attrezzature idonee per svolgere le attività lavorative in sicurezza in un ambiente con presenza di biogas altamente infiammabile».

Causa per il rimborso

Nella causa intentata dall’Inail per ottenere il rimborso il giudice Alfonsina Manfredini ha acquisito la sentenza passata in giudicata pronunciata dalla Corte d’Appello nel 2021. In quei passaggi viene sottolineata per la seconda volta la responsabilità dei vertici della Ecospurghi che aveva «pacificamente violato le norme speciali in funzione di tutela della sicurezza dei lavoratori addetti a mansioni in ambienti con atmosfere esplosive o altamente infiammabili». Secondo le attività degli ispettori dell’Asl «in occasione dell’infortunio, il lavoratore era stato dotato di attrezzature non idonee a prevenire i rischi specifici dell’ambiente nel quale doveva operare. Non erano, infatti, conformi alla apposita normativa Atex, né il camion che rappresentava la base dei servizi svolti in appalto, né la lampada Gifasprima, né l’aeratore Sipem che era stato collocato all’interno del condotto dove il lavoratore fu investito dalla fiammata provocata dall’esplosione del biogas».

A seguire i giudici hanno rimarcato a carico della ditta il «non aver effettuato una specifica valutazione dei rischi connessi agli interventi svolti in ambienti e atmosfere esplosive o facilmente infiammabili, né aveva informato e formato i lavoratori sui medesimi rischi Anche in diritto il Collegio concorda con il Tribunale».

Operai investiti dalle fiamme

Anche se a distanza di oltre 13 anni sono rimasti ignoti causa e punto di innesco dell’esplosione che aveva generato la fiammata, investendo i lavoratori nel condotto dove avevano operavano, «l’incertezza sull’esatta causa tecnica dell’incidente non escludeva la responsabilità datoriale – riporta ancora la sentenza di secondo grado –. Poiché l’esplosione rappresentava il rischio specifico che la speciale normativa antinfortunistica violata dalla datrice mirava a prevenire, era sufficiente un nesso causale probabilistico fra le stesse violazioni e l’evento lesivo. Quindi, la responsabilità datoriale sussisteva perché, in mancanza delle violazioni, era probabile che il rischio specifico dell’esplosione non si sarebbe verificato».

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