Da Buti a Dublino per la Dea: Alberto chiude il ristorante “Paccì” e si gode l’Atalanta
In provincia di Pisa c’è un tifoso sfegatato della formazione di Bergamo: nella serata in cui i nerazzurri sono saliti sul tetto d’Europa battendo il Bayer Leverkusen lui era lì, nello stadio in cui i ragazzi di mister Gasperini hanno scritto una pagina di storia del calcio italiano
BUTI. Era chiuso anche nella sera di mercoledì 22 maggio “Paccì”. «E stasera (giovedì 23 maggio, ndr) la stessa cosa: mi devo riprendere, ho dormito poco e sulle poltroncine dell’aeroporto», dice Alberto Gennai, “Paccì” appunto.
Innamorato della Dea
L’ultras butese dell’Atalanta e il proprietario di questo paradiso della cucina toscana nel cuore del paese del palio e del “cantar maggio”, dove si può ancora gustare la vera trippa alla butese. Per andarci, però, è consigliabile prima controllare il calendario della “Dea”: «Sì ho chiuso il ristorante per due giorni: sono partito mercoledì mattina da Pisa, scalo a Parigi, alle 14 ero già a Dublino e alle 17 allo stadio. Come facevo a non esserci?», ride Paccì con la voce stanca e soprattutto rauca di chi ha cantato fino all’alba: è ripartito dall’Irlanda nella mattina di giovedì 23 maggio alle 11 dopo una notte in bianco, stesso tragitto dell’andata. «Ma ha capito cosa è successo? L’Atalanta ha vinto l’Europa League, una città di 120mila abitanti sul tetto d’Europa». E non è solo questo: «Abbiamo schiantato i campioni di Germania, una squadra che veniva da 51 risultati utili consecutivi – riepiloga – e prima abbiamo eliminato lo Sporting Lisbona, campione del Portogallo, il Liverpool di Jurgen Klopp con la vittoria memorabile sul campo dei Red Devils e il Marsiglia».
Irriducibile
Le ha viste tutte, o quasi, dallo stadio “Paccì”. Chiudendo il ristorante, ovviamente. C’era al Velodrome di Marsiglia e ad Anfield Road. Ma c’era anche nel 2018 a Dortmund per la sfida con il Borussia e l’anno dopo a Manchester per la gara di Champions League contro il City di Guardiola. «Ho girato l’Europa, grazie alla Dea, ma sempre con la croce pisana al collo: lo sanno anche a Bergamo, il primo amore non si dimentica mai». Galeotto fu Caniggia: «Era forte, ma soprattutto aveva i capelli lunghi e l’aria da ribelle: mi incuriosì, cominciai a seguire qualche partita e subito dopo diventai tifoso della Dea». Oggi gli idoli sono altri: «Lookman? È stato straordinario, ma mi entusiasmo di più per Ederson, Koopmeiners e soprattutto De Roon, anche se con il Bayer non c’era». Il numero uno in assoluto, però, resta «il “Gasp” (l’allenatore Gian Piero Gasperini, ndr), il migliore di tutti».
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