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Montopoli, un rifugio per vittime di violenza nell’immobile strappato alla mafia

di Giacomo Pelfer

	Il momento dell'inaugurazione
Il momento dell'inaugurazione

Completati i lavori da 183mila euro grazie a un finanziamento della Regione

26 novembre 2023
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MONTOPOLI. Il camino in pietra all’angolo del soggiorno, i soffitti con le volte in mattoni. E poi la cucina in muratura dalla stile tipicamente toscano. È un rifugio dal sapore rustico quello che il siciliano Vincenzo Aiello, considerato luogotenente di Nitto Santapaola, aveva scelto nel cuore della Toscana per condurre una vita apparentemente anonima, fra le mura di una casa come tante in una frazione del Comune di Montopoli Valdarno.

Una casa su due piani, con annesso giardino sul retro, confiscata alla fine del 2015 e che dal 2018 ospita una casa-rifugio destinata ad accogliere donne vittime di violenza con i loro bambini.

Una destinazione voluta dall’amministrazione comunale e proseguita fino al 2021, quando grazie a un finanziamento della Regione (183mila euro in tutto) sono iniziati i lavori per migliorare ed efficientare la struttura, dove nascerà anche un centro di ascolto e un punto di prima accoglienza per le donne in cerca di aiuto, in attesa del bando di gestione che il Comune di Montopoli offrirà a un’associazione impegnata contro la violenza di genere.

«Un doppio schiaffo alla mafia» l’ha definito l’assessore regionale alle politiche di genere Alessandra Nardini, intervenendo ieri all’inaugurazione insieme al collega Stefano Ciuoffo, al sindaco di Montopoli Giovanni Capecchi e alla vicesindaca Linda Vanni. «La conclusione dei lavori rappresenta per questa struttura un salto di qualità» ha detto il primo cittadino, ricordando la telefonata del dicembre 2015 con cui la Prefettura di Pisa lo informò di aver confiscato un immobile nel suo territorio, chiedendogli se l’amministrazione fosse interessata a farsene carico.

«Superato lo stupore iniziale – ha raccontato Capecchi – pensammo subito che la struttura dovesse in qualche modo tornare alla comunità. E la prima scelta fu di affidarla a un’associazione impegnata contro la violenza di genere, individuando un tema già sentito all’epoca e oggi più che mai attuale».

Dopo alcuni primi lavori a carico del Comune, è stata l’associazione Frida a gestire l’immobile fino alla fine del 2021, ospitando nelle sue stanze 10 donne e 15 minori, come ricordato da Giulia Pagano, responsabile delle strutture di ospitalità dell’associazione. «Tuttavia l’immobile aveva bisogno di un intervento strutturale» ha aggiunto la dirigente dei lavori pubblici Ilaria Bellini.

Da qui il finanziamento regionale, accordato a maggio 2022 sulla base del progetto redatto dalla Studio Bellini e Testai di Santa Croce sull’Arno, i cui lavori sono partiti a novembre dello scorso anno a cura dell’impresa Fratelli Alderighi. Un intervento che ha riguardato prima di tutto la sistemazione del piano terra, con la creazione di due locali destinati ad accogliere il centro di ascolto e un ufficio per l’associazione che prenderà in carico l’edificio.

I lavori hanno permesso poi di sanare alcuni illeciti realizzati dal vecchio proprietario, installare un nuovo impianto termico e di riscaldamento, riqualificare le facciate e il giardino sul retro, anche con l’abbattimento di una struttura abusiva. «È gratificante vedere che le poche risorse disponibili sono state impiegate al meglio – ha detto l’assessore regionale Stefano Ciuoffo – ma se il Comune ce lo chiederà potremmo contribuire ancora per sistemare anche la copertura. Di fronte al problema delle mafie gli enti locali sono chiamati a una risposta di sistema della comunità».

Una risposta che si accompagna alla lotta contro la violenza sulle donne, in concomitanza con la giornata mondiale a essa dedicata, ma soprattutto nel pieno del dibattito generato dall’assassinio di Giulia Cecchettin. «L’Italia spesso ha bisogno di gravi fatti di cronaca per rendersi conto di un problema strutturale, legato alla tradizione patriarcale del nostro Paese – ha detto l’assessore Nardini -. Quello che arriva oggi da Montopoli è però un segnale importante. Il segnale di un Comune che ha detto no alla mafia e alla violenza». l


 

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