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Pisa, continuità o cambiamento? Ora Aquilani è un vero dilemma

di David Biuzzi
Alberto Aquilani (foto Muzzi)
Alberto Aquilani (foto Muzzi)

Solo il summit società-tecnico, a fine mese o inizio giugno, scioglierà il nodo

23 maggio 2024
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PISA. Quando William Shakespeare detta vita al suo capolavoro Amleto, pare tra il 1600 e il 1602, a tutto pensava meno che al gioco del calcio. Eppure il dilemma della tragedia del principe di Danimarca, il celebre ed esistenziale “essere o non essere?” ora somiglia a quello che sta accompagnando il Pisa verso l’inizio dell’estate e, dunque, della Serie B che verrà: Aquilani o non Aquilani?

Il dubbio

Sul fatto che il direttore sportivo Stefano Stefanelli sia ai saluti per trasferirsi armi e bagali alla Juventus, infatti, non ci sono incertezze: in questo caso la domanda non è “se” ma più banalmente “quando”. Il destino del giovane tecnico romano, 40 candeline da spegnere il prossimo 7 luglio, è invece ancora da scrivere. Tra fine mese e inizio giugno, filtra dalla segreta stanze nerazzurre, quando si riuniranno intorno a un tavolo, o in collegamento video, lo stesso allenatore e gli altri protagonisti della vicenda: il patron Alexander Knaster, il presidente Giuseppe Corrado, l’amministratore delegato (e direttore generale) Giovanni Corrado e il nuovo direttore sportivo (chiunque sia). E sul tavolo gli argomenti saranno molti. Vediamo quali.

Perché sì

A livello tecnico, cioè prettamente di campo, il lavoro di Alberto Aquilani, al suo primo anno tra i grandi dopo i fruttuosi anni alla Primavera della Fiorentina, non è da bocciare. Certo, l’obiettivo playoff non è arrivato, ma la rivoluzione copernicana iniziata la scorsa estate (con un cambio totale o quasi di filosofia di gioco) presupponeva anche qualche rischio. In linea di massima, però, la nuova idea di calcio è passata. Forse non del tutto ma è passata. I nerazzurri hanno sempre cercato di costruire calcio, bel calcio, e a tratti ci sono anche riusciti. Non con continuità, è vero, ma di problemi contingenti (lunga catena di infortuni) ce ne sono stati anche troppi a rallentare il processo. Nel finale di campionato, in particolare, si sono viste le cose migliori. Segno che il seme è stato piantato. A favore di Aquilani, poi, anche a crescita di un ragazzo come Barbieri, la trasformazione di Esteves in centrocampista centrale che ha chiuso un falla che la rosa si è portata dietro dall’inizio e che il mercato (finestra invernale compresa) non ha mai tappato. La sensazione, insomma, è che il Pisa sia cresciuto. Non abbastanza, vero, ma i miglioramenti sono innegabili e con ogni probabilità sono figli proprio di quella del tecnico che, col passare del tempo, ha capito di più e meglio non solo il potenziale dei suoi ma anche il panorama generale della Serie B. Proseguire con la stessa guida tecnica, insomma, sembrerebbe (perché il calcio non è una scienza esatta e, conseguentemente, di certezze assolute ce ne sono sempre pochine) il modo migliore per portare avanti un certo tipo di discorso.

Perché no

I punti a favore di Aquilani, insomma, non mancano. Ma neanche quelli contro, sennò che dilemma sarebbe. Che riguardano l’aspetto tecnico e non solo. Il campionato, infatti, ha detto che i nerazzurri non hanno mai risolto alcuni problemi. Una certa fragilità difensiva, ad esempio, ha accompagnato la squadra dall’inizio alla fine producendo il poco invidiabile risultato di terza peggior retroguardia della compagnia con 54 reti al passivo, media di 1,4 a partita, con le sole ultime della classe FeralpiSalò (65) e Lecco (74) a fare peggio. Eppure gente come capitan Caracciolo, una garanzia, o Canestrelli, che ha estimatori in A, non sono certo tra i peggiori in circolazione... No, il problema non è stato di reparto ma più di fase difensiva, con gli esterni anche troppo propensi all’attacco e una limitata protezione del centrocampo (Marin è l’unico vero mediano). Il Pisa è stato pensato a costruito per produrre gioco e gol, è vero, e ha fin troppi elementi con caratteristiche spiccatamente offensive, ma una soluzione per limitare i danni non è mai stata trovata. E, ovviamente, il tecnico ha le sue colpe. Come ne ha nella situazione d’incertezza attuale. Da Aquilani, infatti, non sono mai arrivate le parole nette a chiare che ci si aspettano da chi vuole continuare a battere la strada intrapresa. È chiaro che il canto di certe sirene, soprattutto quelle che arrivano dalla non lontana Firenze, può stuzzicare la fantasia. Soprattutto di un allenatore che ha l’età, le idee e le possibilità di farsi strada nei piani più alti del pallone. Pisa, però, non è né può mai essere il “piano B” di qualcuno. La forza e le ambizioni delle società, la passione e il calore della piazza lo escludono senza se e senza ma. Logico, insomma, che per quanto legittime le incertezze (filtrate con le ultime dichiarazioni) non siano piaciute. Aquilani non è mai stato messo in discussione neanche quando il piatto davvero piangeva e, ora, deve dimostrare, al di là di ogni ragionevole dubbio, di avere la stessa voglia di allenare il Pisa che lo ha portato in nerazzurro un’estate fa.

Il summit

Pro e contro si rincorrono, insomma. Ecco perché sarà risolutivo l’incontro, faccia e faccia o on line che sia, tra lo stato maggiore nerazzurro e Aquilani. Non è ancora fissato in agenda, o almeno non è dato da sapere il giorno, ma sarà dopo il rompete le righe, quindi dalla prossima settimana. E sarà fondamentale per il Pisa che verrà. Intanto circolano di nomi di Dionisi e Zanetti. Ipotesi tutte a verificare, ma di sicuro due che piacciono. Perché i nerazzurri, al di chi li guiderà, vogliono continuare a fare le cose per bene, a crescere.

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