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Pisa, si è spenta a 84 anni ex infermiera caposala a Calambrone

Pisa, si è spenta a 84 anni ex infermiera caposala a Calambrone<br type="_moz" />

La figlia: «Grazie alla rianimazione di Cisanello non ha sofferto»

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PISA. È mancata nei giorni scorsi, all’età di 84 anni, Dina Marra (di Tirrenia), per molti anni infermiera caposala nei reparti di ortopedia e poi di endocrinologia dell’ospedale di Calambrone. In particolare in quest’ultimo, guidato dal dottor Aldo Pinchera, Dina Marra ha visto crescere generazione di specializzandi.

Lascia il marito Claudio e la figlia Annalisa, grata al reparto di anestesia e rianimazione del pronto soccorso di Cisanello per il trattamento riservato alla madre e a tutta la famiglia. «Lunedì io e mio padre abbiamo salutato per l’ultima volta mamma. Siamo stati accompagnati e sostenuti da molti, ma desideriamo, in particolare, ringraziare tutto il reparto di anestesia e rianimazione del pronto soccorso di Cisanello – le sue parole – Un reparto importante, non meno di altri, ma certamente di vitale importanza. Ci hanno accolti e accompagnati ogni giorno, in modo professionale e umano, fino alla fine. Un reparto dove i familiari dei pazienti sono ascoltati e compresi e dove il paziente è libero di esercitare il proprio diritto all’autodeterminazione. Ringrazio la possibilità che è stata data a mamma di essere libera e di andarsene senza sofferenza».

In seguito al complicarsi delle sue condizioni di salute, la donna era tenuta in vita artificialmente. Fino a quando, ascoltati i familiari e nella volontà della stessa paziente, il personale ospedaliero ha proceduto a staccare le macchine. «Un ringraziamento speciale va al dottor Maremmani – prosegue la figlia Annalisa – con cui mi sono interfacciata maggiormente e che ho desiderato accompagnasse mamma l’ultimo giorno. Un medico appassionato del proprio lavoro, che svolge con estrema dovizia e motivazione, oltre che molto gentile. Le sue parole sono state per noi motivo di pace e di accettazione oltre che essere comprensibili della condizione attuale della paziente. La comprensibilità del linguaggio medico è importante, perché permette ai familiari e ai pazienti di capire il proprio status, non lasciando spazio a dubbi e domande».

E poi l’umanità, a fare spesso la differenza nel dare conforto a persone che stanno attraversando momenti difficili. «L’ultimo giorno di saluto a mamma, io e mio padre ci siamo bagnati piedi e pantaloni – racconta Annalisa – Arrivati in reparto ci hanno fatti sedere e ci hanno fornito aria calda per asciugarci. Occorre anche sottolineare che questa autodeterminazione del paziente è sì, una liberazione da una condizione senza via di uscita, ma è anche un momento in cui il medico si fa artefice di un fine vita. Credo che non sia facile, né personalmente né professionalmente».

L.C.

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