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Pisa, una protesi che sente le temperature e i contatti con le persone: così è cambiata la vita di un 60enne di Pistoia


	Il 60enne Fabrizio Fidati prova il dispositivo attraverso il contatto con altre persone
Il 60enne Fabrizio Fidati prova il dispositivo attraverso il contatto con altre persone

Scuola Superiore Sant’Anna protagonista dello sviluppo del dispositivo. Micera: «Siamo davvero vicini a restituire l’intera gamma di sensazioni a chi ha subito un’amputazione»

09 febbraio 2024
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PISA. «Quando uno dei ricercatori ha posizionato il sensore sul proprio corpo, per me è stata un’emozione fortissima. Ho potuto sentire il calore di un’altra persona con la mia “mano fantasma”. È stato come riattivare una connessione che avevo perduto». Grazie a una protesi sensorizzata di mano, in grado di fornire un feedback termico realistico e in tempo reale, Fabrizio Fidati, 60enne di Maresca (Pistoia) con un’amputazione transradiale in seguito a un incidente sul lavoro all’interno di un’azienda tessile di Montemurlo (Prato) nel 1985, è riuscito a distinguere e ordinare manualmente oggetti a temperature differenti e a percepire il contatto corporeo con gli altri essere umani. La nuova tecnologia è stata presentata in uno studio pubblicato sulla rivista Med (Cell Press) e nato dalla collaborazione scientifica tra la Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa ed École Polytechnique Fédérale de Lausanne (ricerca è stata sostenuta dalla Fondazione Bertarelli, dal Fondo nazionale svizzero per la ricerca scientifica, dal programma di ricerca e innovazione dell'Unione Europea Horizon 2020, dal programma di ricerca e innovazione Horizon Europe e dal Ministero dell'Università e della Ricerca).

La svolta

«La temperatura è una delle ultime frontiere per restituire la sensibilità alle mani robotiche. Per la prima volta, siamo davvero vicini a restituire l’intera gamma di sensazioni alle persone amputate» spiega Silvestro Micera, autore senior della ricerca. La percezione sensoriale è uno degli aspetti più importanti per permettere alle persone con un’amputazione di interagire con l’ambiente circostante. Partendo dalle precedenti scoperte sulle sensazioni termiche fantasma, che stimolano punti specifici del braccio residuo evocando percezioni nella mano mancante, i ricercatori hanno sviluppato un nuovo approccio che consente agli amputati di percepire e rispondere alla temperatura trasmettendo informazioni termiche dal polpastrello della protesi all’arto residuo dell’amputato. Questo approccio utilizza un’elettronica di largo consumo, può essere integrato negli arti protesici disponibili in commercio e non richiede un intervento chirurgico.

Sensazioni

«Si tratta di un’idea molto semplice che può essere facilmente integrata in protesi commerciali» spiega Micera.

«L’aggiunta di informazioni sulla temperatura rende il tatto più simile a quello umano – sottolinea l’autore senior Solaiman Shokur dell’École Polytechnique Fédérale de Lausanne – . Pensiamo che la capacità di percepire la temperatura migliorerà l’embodiment delle persone amputate, la sensazione che “questa mano è mia”».

«Finora – aggiunge Jonathan Muheim, dottorando presso l’Epfl e primo autore del lavoro assieme a Francesco Iberite, dottorando presso l’Istituto di BioRobotica della Scuola Superiore Sant’Anna – le sensazioni termiche sono state molto trascurate nella ricerca neuroprotesica, anche se è sempre più evidente la loro importanza nella vita quotidiana». La fase di sperimentazione è stata eseguita ail Centro Protesi Inail di Vigorso di Budrio (Bologna) con la collaborazione del dottor Emanuele Gruppioni (Inail) e della sua équipe, che hanno effettuato i test clinici con gli amputati. Il dispositivo è stato integrato nella protesi personale del paziente ed è stato collegato in un punto dell’arto residuo che suscitava sensazioni termiche nel dito indice fantasma della persona. «La ricchezza e il realismo delle sensazioni fornite dalle interfacce bioniche ai pazienti amputati – spiega l’ingegnere Gruppioni – è la chiave dell’embodiment e quindi dell’efficacia di una protesi nel sostituire un arto naturale nella vita quotidiana».

I risultati

Il team ha testato la capacità della persona amputata di distinguere tra oggetti di temperatura e di materiali diversi. In particolare, il paziente è stato in grado di discriminare tra tre bottiglie visivamente indistinguibili contenenti acqua fredda, acqua a temperatura ambiente e acqua calda con un’accuratezza del 100%, mentre, senza il dispositivo, la sua accuratezza si fermava al 33%. È anche migliorata la sua capacità di classificare con precisione e rapidità cubetti di metallo di diverse temperature. Inoltre, il paziente riusciva meglio a distinguere quando entrava in contatto da bendato con braccia umane o con braccia protesiche: dal 60% senza il dispositivo all’80% con il dispositivo. «Il nostro obiettivo – aggiunge Shokur – è sviluppare un sistema multimodale che integri tatto, percezione e temperatura. Con questo tipo di sistema, le persone saranno in grado di dire “questo è morbido e caldo”, o “questo è duro e freddo”».

Il futuro

La tecnologia sviluppata dal team al momento è stata testata in laboratorio. Il prossimo passo sarà quello di rendere il dispositivo pronto per l’uso domestico e di integrare le informazioni termiche provenienti da più punti dell’arto fantasma di un amputato: ad esempio, permettere alle persone di differenziare le sensazioni termiche e tattili sul dito e sul pollice potrebbe aiutarle ad afferrare una bevanda calda, mentre abilitare le sensazioni sul dorso della mano potrebbe migliorare la sensazione di connessione umana permettendo agli amputati di percepire quando un’altra persona tocca la loro mano. «Questo studio – conclude Micera – apre la strada a protesi di mano più naturali che restituiscono una gamma completa di sensazioni, offrendo agli amputati una percezione più ricca e naturale».

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