Il Tirreno

Pisa

Il Pisa bada al sodo e respira

di David Biuzzi
Il Pisa bada al sodo e respira

Un gran gol di Mlakar decide la delicata sfida contro l’Ascoli e allontana i fantasmi Nerazzurri frenati e poco brillanti ma stavolta contava solo riuscire a fare il pieno

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PISA. La fotografia, alla fine, è l’esplosione di gioia dei nerazzurri in campo, di Aquilani e della sua panchina, dei tifosi finalmente tornati sugli spalti dell’Arena. Già, il fischio finale di Pisa-Ascoli sembra quasi quello di una finale di Champions League.

Non è così, ovviamente, ma il successo maturato con l’eurogol di Mlakar vale tanto, tantissimo. Un Natale più sereno, ad esempio. E anche se arriva al termine di una delle peggiori prestazioni stagionali poca importa. Quello che conta è che il Pisa fa esattamente quello che doveva fare. Ovvero vince. Torna a farlo in casa dopo due mesi e spiccioli (il precedente acuto sul Cittadella, infatti, è dato 21 ottobre) e, intanto, si allontana dalla zona rossa. Non guarisce da tutti i suoi mali, ma continuare la cura un po’ più lontano dai guai può e deve servire per fare altri passi avanti. A partire dalla sfida di Santo Stefano, ovvero tra poco più di una manciata di ore, in casa Ternana.

Ma quella è una nostra storia. Questa, invece, racconta di un successo che è limpido ma non risplende. Perché sporca è la partita, come previsto, e perché i giocatori del Pisa si muovono come se portassero una lavatrice, o se preferite un frigorifero, sulla schiena. Si nota già dal via, perché nell’undici di partenza ci sono i ritorni di Canestrelli, Nagy e Mlakar ma a mancare è la forza dei nervi distesi. La palla è pesante, la velocità d’azione, anche nel giro-palla, una mera illusione. Così il 3-5-2 (annunciato) dell’Ascoli non è certo irresistibile ma tanto basta. Una punizione di Mendes domata da Nicolas al 16’, così, è il primo squillo di un primo tempo avaro. I nerazzurri trasformano il 4-2-3-1 iniziale (già rivisto in parte, ad esempio coi terzini bloccati) in un 4-4-2 con Mlakar al fianco di Moreo e Valoti largo a sinistra. Così tengono meglio il campo ma fatalmente trovano meno giocate dal suo trequartista. È un Pisa diverso, insomma. Più accorto ma anche più paziente, come richiesto dall’allenatore. E prima del riposo il premio arriva. Merito di Valoti che stavolta parte più centrale e vede la traccia per armare Mlakar; il resto, il grosso, lo fa lo sloveno che si accentra da sinistra col controllo e, di piatto, disegna una parabola perfetta con la palla che muore sul palo lungo.

La partita è stappata, ma di bollicine ce ne sono poche (assai poche) anche nella ripresa. L’Ascoli la inizia provando ad alzare baricentro e linea del pressing, i nerazzurri tornano al 4-2-3-1 iniziale. Ci sarebbero gli spazi per affondare il contropiede, ma non la lucidità per riuscire a prenderseli. Dietro capitan Caracciolo e (soprattutto) Canestrelli lasciano le briciole vincendo tutti i duelli ma in avanti non si va oltre un sinistro di Barbieri (13’) che Viviano doma senza affanni. Al 18’ Beyeye pizzica il palo esterno ma l’azione era viziata da un fuorigioco. Il valzer dei cambi inizia a prosegue con Castori che prova ad aumentare il peso offensivo dei suoi (ma ha poco da cui pescare) e Aquilani che prima rimpiazza lo stremato Valoti con Piccinini e poi sgancia Masucci (per D’Alessandro) e Hermannsson (per Moreo) abbottonandosi in un sempre più accorto (e conservativo) 5-3-2.

Cambia il Pisa, non la partita. L’Ascoli continua a provarci senza andare mai al di là di qualche potenzialmente pericolosa mischia, la truppa di casa controlla ma senza averne abbastanza, nelle gambe e soprattutto nella testa, per andare a chiuderla. Le ultime note di cronaca sono il ritorno in campo di Touré (per Mlakar al 44’) e il recupero di 6 minuti che allunga fin troppo una partita che era e resta povera di contenuti.

C’è il successo del Pisa, però. E tanto basta. Nel giorno della riapertura della gradinata e del ritorno della Curva Nord (che però si riempie in ritardo, più o meno al 30’, a causa dei prolungati controlli agli ingressi) va bene così. In futuro servirà di più, servirà altro. Ma ora è già un po’ (un pochino) più sereno.


 

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