Il Tirreno

Pisa

la disputa legale 

Poste Vita condannata a pagare gli eredi di una cliente deceduta

Pietro Barghigiani
Poste Vita condannata a pagare gli eredi di una cliente deceduta

La società assicurativa accusava la donna di aver nascosto le sue malattie Morta dopo un mese dalla polizza a favore dei familiari, accertato che era sana

31 agosto 2021
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Pietro Barghigiani

PISA. L’hanno fatta passare per una che aveva mentito sulle sue condizioni di salute. Di aver tenuto nascosta una malattia che di lì a poco si era rivelata fatale. Menzogne, era la tesi della compagnia assicurativa, per poter stipulare un contratto che avrebbe messo al riparo gli eredi in caso di morte della donna che aveva sottoscritto un prestito personale. Soldi che, dopo la scomparsa della debitrice, l’assicurazione avrebbe dovuto versare alla finanziaria, secondo quanto concordato al momento di firmare le carte.

Le accuse di Poste Vita Spa contro una signora pisana deceduta nel 2015 all’età di 64 anni non sono state credute, né suffragate da atti documentali, dal giudice del Tribunale di Pisa che ha condannato la compagnia a versare agli eredi i circa 10mila euro del debito rimasto, quasi tutto in verità perché il decesso era avvenuto poco dopo io pagamento delle rate. Sì, perché la donna aveva firmato il contratto il 25 novembre 2015 e il 27 dicembre era morta. Erano 10.500 euro da restituire alla Compass in 84 rate. Quando la donna è venuta a mancare gli eredi hanno chiesto che fosse Poste Vita a versare il residuo alla finanziaria. Era quello previsto dal contratto.

«No, non paghiamo – era stata la risposta dell’assicurazione –. La cliente ha agito con mala fede fornendo e omettendo di fornire informazioni rilevanti ai fini della conclusione del contratto. Informazioni false e reticenti sulle sue condizioni di salute». Insomma, la compagnia sosteneva che la donna pur sapendo di avere problemi di cuore (la causa del decesso fu una cardiopatia ischemica, ndr) al momento di firmare i documenti per le garanzie assicurative non rivelò i suoi malanni.

«Il decesso dell’assicurata è stato conseguenza di una “patologia pregressa”, quindi escluso dalla garanzia assicurativa» è stata la tesi respinta dal giudice Martina Fontanelli nella causa avviata dagli eredi assistiti dall’avvocato Alberto Foggia. Poste Vita non ha saputo dimostrare quali e in che misura fossero gravi le presunte malattie della cliente. Di contro gli eredi e il legale hanno prodotto testimonianze e documenti che accertavano la piena condizione di buona salute della donna. Il medico curante al giudice ha chiarito che la 64enne «era una persona sana e non veniva spesso in ambulatorio: faceva saltuariamente le analisi del sangue e non c’erano fattori di rischio emergenti dalla analisi come colesterolo, trigliceridi e glicemia».

Aggiunge il Tribunale: «Risulta peraltro, dalla informativa assunta presso l’Azienda Usl Toscana Nord Ovest, in atti, come (omissis, ndr) non abbia mai avuto alcun ricovero presso le strutture ospedaliere di detta Usl».

Soddisfatto l’avvocato Foggia che commenta: « Dopo sei anni arriva la sentenza del Tribunale che, in accoglimento della nostra domanda, condanna Poste Vita al pagamento dell’importo oggetto del finanziamento e alle spese di causa. Il Giudice estensore motiva tale sua decisione prendendo atto sia della documentazione in atti (ovvero della certificazione medica) che dell’istruttoria espletata col medico di famiglia della de cuius, che anche dell’assenza di suoi ricoveri ospedalieri, non comprovanti patologie di sorta».

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