Truffa e falso, il funzionario di Pisa resta in carcere
Le ammissioni non sono bastate per tornare a casa. Va avanti l’indagine sugli atti legati alle indennità degli ufficiali giudiziari
PISA. L’ammissione dei fatti scoperti e contestati dalla Procura non è servita a uscire dal carcere e andare ai domiciliari.
Antonio Meloni, 61 anni, di Vicopisano, funzionario dell’Unep (Ufficio notifiche esecuzioni e protesti) resta in una cella del Don Bosco anche dopo aver spiegato e confessato le azioni che hanno indotto prima un paio di colleghi a denunciarlo e poi la Procura a chiedere e ottenere la custodia in carcere dopo le indagini della squadra mobile.
L’ufficiale giudiziario ha parlato per ore nell’interrogatorio di garanzia rispondendo alle domande del sostituto procuratore Miriam Pamela Romano e del gip Giulio Cesare Cipolletta. Difeso dall’avvocato Andrea Di Giuliomaria, il 61enne dipendente del ministero della Giustizia è in carcere dalla mattina del 15 aprile. È passato dagli uffici di via Nenni al Don Bosco con l’accusa di truffa aggravata e continuata ai danni dello Stato, falsità ideologica commessa dal pubblico ufficiale in atto pubblico e sostituzione di persona.
Ci sono almeno 2.500 atti ritenuti inquinati da Meloni che ha ammesso di aver creato documenti falsi per giustificare sulla carta la necessità di presentarsi su pignoramenti e sfratti quando di fatto non si muoveva dall’ufficio. Le indennità previste dagli accessi all’esterno andavano a integrare lo stipendio in un sistema di “produttività” per le trasferte esteso anche al resto dell’ufficio. Un conto provvisorio per difetto quantifica in 26mila euro i soldi presi, ma il calcolo è ancora in corso. Sono in corso di accertamenti altri 4mila fascicoli dal 2014 al marzo scorso. Un’indagine che va avanti per capire se ci sono stati altri comportamenti illeciti del funzionario e se, in passato, ci siano state omissioni nei controlli sull’operato dell’ufficiale giudiziario già inciampato in passato in storie di peculato e falso. —