Il lavoro (dignitoso) è un pilastro della democrazia. "Rimettiamolo al centro della politica nazionale"
Francesco Loi
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Luigi Vicinanza, con Candida Virgone, alla presentazione del libroAl Pisa Book Festival la presentazione del libro di Luigi Vicinanza, direttore del Tirreno, ed Ernesto Paolozzi su diseguaglianze e lotta di classe
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PISA. Soprattutto un appello, al senso di responsabilità. «Rimettiamo al primo posto del dibattito nazionale il lavoro. Quello dignitoso, condizione essenziale della democrazia», dice Luigi Vicinanza, direttore de Il Tirreno, seduto sul divanetto della Sala Fermi al Palazzo dei Congressi. Questo appello è il pilastro del saggio “Diseguali. Il lato oscuro del lavoro” che Vicinanza ha scritto con il filosofo Ernesto Paolozzi per Guida editore e presentato al Pisa Book Festival domenica 11 novembre in un incontro moderato dalla giornalista Candida Virgone, con la partecipazione di un altro filosofo, Alfonso Maurizio Iacono.
Di solito, nei dibattiti di questi tempi, parole come globalizzazione ed ideologia finiscono direttamente sul banco degli imputati. Stavolta no, se non nella loro versione estremizzata e non governata. «L’errore interpretativo della sinistra occidentale è stato pensare che la globalizzazione fosse da sola un’occasione di diffusione del benessere. Invece il neoliberismo sfrenato, visto come nuova ideologia dominante, è diventato una religione ed ha fatto danni enormi alle classi lavoratrici».
Così, complice principale l’ormai decennale crisi economica, il saggio mette in evidenza come la lotta di classe si stia manifestando al contrario, con i ricchi che schiacciano i poveri. La concentrazione della ricchezza in poche mani, nell’era dei giganti hi-tech pigliatutto (nel senso del profitto). «In meno di 40 anni, tra il 1975 e il 2012, circa il 47% della crescita totale dei redditi ha premiato chi era già collocato tra i più ricchi, una minoranza dell’1% della popolazione mondiale. Un dato, guardate bene - sottolinea Vicinanza - diffuso non da un giornale vetero-bolscevico, ma dal Financial Times nel 2016».
Più super ricchi, più poveri e il ceto medio che arretra. Si arrabbia, disconosce e respinge politica e sistema. «Quella cultura e quei partiti storici che in Italia ci avevano dato benessere per decenni non hanno saputo dare risposte alla crisi. Ed è in questo vuoto della politica tradizionale che, ci piaccia o no, si sono inseriti i populismi offrendo una sponda a queste istanze». Non è solo però la perdita del potere d’acquisto delle famiglie o il lavoro per i giovani che non c’è. «È anche questione di tecnologia che avanza, ma che crea disoccupazione in quanto processo non governato», sintetizza Iacono. Ma è anche questione di lavoro che abbia caratteristiche di dignità.
«A Pisa - riprende Vicinanza - ricordo l’episodio di quel giovane pony express pagato 20 euro al giorno che, dopo il rimprovero del datore di lavoro per il ritardo del giorno precedente, il primo del suo impiego, e la detrazione di 3 euro, va di corsa e sbatte per strada perdendo la vita. O, a Carrara, l’operaio con un contratto settimanale, 300 euro lordi, che resta schiacciato sotto una lastra di marmo».
Il senso ultimo del libro, niente a che vedere con un manifesto politico, è che «senza lavoro non c’è democrazia». Ma allora oggi la democrazia è in pericolo? «Il problema - replica Iacono - è il conflitto tra consenso e regole. Sul consenso si basava Hitler, sul consenso si è crocifisso Cristo. Il consenso è regolato dalle garanzie per le minoranze. E questo traballa». Ancora il filosofo: «Nel mondo ci sono società senza democrazia più forti economicamente di noi, come la Cina». Vicinanza chiosa: «È così, un turbo-capitalismo senza regole e una dittatura oligarchica spietata verso i cittadini. Questo è l’incubo prossimo venturo».