Previdenza
Piombino, sub morto nell'incidente all'itticoltura: in due a processo – La moglie: «Era a lavorare, voglio una spiegazione»
Giorgio Chiovaro stava completando il ricambio delle reti quando è stato colpito dall’elica. A quattro anni dalla tragedia restano ancora da accertare le responsabilità
PIOMBINO. A quattro anni dalla tragedia si apre il processo per accertare le responsabilità. Giorgio Chiovaro è morto a 39 anni lavorando in mare, il 26 agosto 2021. Era un sub alle dipendenze dell’azienda Civita Ittica. Si trovava a circa quattro miglia a largo del golfo di Follonica, mentre completava in immersione il ricambio delle reti di una gabbia da maricoltura quando è stato colpito dall’elica di un’imbarcazione. A processo al Tribunale di Livorno sono due gli imputati di omicidio colposo: il legale rappresentante di Civita Ittica e il responsabile della sicurezza sugli impianti dell’azienda.
«Mi è stato comunicato a distanza di ore, quando già ne parlavano i social e i quotidiani, che io non avrei potuto comunque consultare perché mi stavo occupando di nostro figlio di tre anni». Riavvolge il filo della memoria fino a quell’attimo in cui tutto si è spezzato la vedova Elisa Panieri. Che prosegue: «È stata una telefonata di 2 minuti e 30 secondi a comunicarmi la tragedia: il direttore dell’azienda, nonché amico di famiglia, mi ha detto che Giorgio non c’era più, e questo era tutto, non poteva aggiungere altro perché “c’era un gran casino” con le forze dell’ordine. In quel momento ero sola con mio figlio. Non mi dilungo nel descrivere i particolari di quella scena drammatica a casa. Sono dovute passare altre tre ore perché venissi a conoscenza di cosa fosse successo a mio marito, non per voce dell’azienda o dei colleghi, che hanno continuato a lavorare, o delle forze dell’ordine. In realtà ho dovuto aspettare l’esito delle perizie per sapere la reale causa della morte di mio marito».
La signora Elisa si definisce una sopravvissuta. «È così che ci definisce la burocrazia», dice. È ferma all’istante di quel giorno che ha segnato con violenza lo spartiacque della sua vita, come in quella di suo figlio e dei loro cari. «In un attimo tutto si è spezzato, quel momento sul lavoro ha devastato la vita di tutte le persone vicine a Giorgio: una moglie che non ha più un marito, il figlio che dovrà crescere senza un padre, genitori che vedono morire un figlio. E dopo mai niente è più come prima, per nessuno».
Non è parte civile nel processo. Eppure, è determinata a non perdersi un’udienza, insieme all’avvocato Bruno Pavoletti che ha seguito su incarico della famiglia l’inchiesta fin dall’inizio, auspicando che la giustizia riesca finalmente a fare chiarezza sulla morte del marito. «Un incidente avvenuto per un misto di negligenza, superficialità e ricerca del profitto a scapito della sicurezza – afferma Elisa Panieri –. Viene da chiedersi: davvero si può parlare di incidente? Una spiegazione ci dovrà pur essere, mio marito alla fine era uscito di casa per andare a lavorare, come ogni altro giorno».
La giudice Tiziana Pasquali nella prima udienza ha sentito il comandante del porto di Piombino e l’ispettore del lavoro dell’Azienda sanitaria Toscana Nordovest, che all’epoca si occupò dell’incidente e dei relativi accertamenti. Il dibattimento è in una fase tecnica. In seguito, saranno sentiti anche i colleghi di lavoro presenti sulle imbarcazioni quella disgraziata mattina. In mare stavano operando gli equipaggi della Ippocampo e Naturalleva. È l’elica di quest’ultima che ha preso il sub. A bordo dell’imbarcazione sette persone. Al momento di accendere i motori e fare manovra non risulta che siano state date indicazioni di ostacoli a prua e a poppa. Non sarebbe stato fatto neppure l’appello, per accertarsi che tutti fossero a bordo. E così il sub mentre stava risalendo è sto preso in pieno. L’elica lo ha colpito alla testa e al torace. È svenuto e precipitato a -18 metri. A rendersi conto dell’incidente sono stati i colleghi, che lo hanno tirato a bordo e provato a rianimarlo. Ma sono passati minuti per il recupero e di fatto è morto affogato. A bordo neppure una bombola di ossigeno. E neppure il personale in stand by, ovvero che non lavora e si occupa di verificare che tutto si svolga in sicurezza. Giorgio Chiovaro è andato in arresto cardiaco nel trasferimento verso il porto, a bordo della motovedetta della Guardia costiera, poi a terra nell’ambulanza, hanno provato a tenerlo in vita. Non ce l’hanno fatta.
È una tragedia su cui restano ancora tante domande in sospeso. Il fascicolo d’indagine che ha fin dall’inizio a seguito il sostituto procuratore Pietro Peruzzi, dopo il suo trasferimento è stato affidato al sostituto procuratore Giuseppe Rizzo. Tra gli accertamenti tecnici quelli sull’imbarcazione e la funzionalità delle attrezzature in uso al sub. Mentre le informazioni custodite nel computer da polso, che l’uomo indossava il giorno della tragedia, sono state recuperate dai tecnici della Guardia costiera. Consulente tecnico è il capitano di corvetta Angelo Doria, comandante del 5º Nucleo subacquei della guardia costiera di Genova. A lui è stato affidato il compito di compiere tutti gli accertamenti. Sulla banchina del porto di Tor del Sale, un mese dopo la tragedia, è stato esaminato anche il giubbotto ad assetto variabile (Gav) che indossava il sub deceduto. Si tratta di una sorta di zainetto, utilizzato per aumentare la capacità di controllo del livello di profondità da mantenere sott’acqua, ma anche per immergersi o emergere in modo controllato. Garantisce inoltre il galleggiamento del subacqueo in superficie sia in condizioni normali che in caso di emergenza. Gli elementi da chiarire? Il motore della barca acceso mentre i sub lavoravano in acqua. La distanza ridotta. Le procedure seguite per l’immersione fino all’impatto del sub con l’elica del motore.