Il Tirreno

Paesaggio e memoria

Il volto industriale di Baratti negli edifici novecenteschi

di Manolo Morandini
L’agglomerato industriale nel 1928
L’agglomerato industriale nel 1928

Gli immobili riqualificati ospitano una Rta e un ristorante

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PIOMBINO. A Baratti si rispolvera il volto industriale del Novecento. Quello dell’attività di recupero e lavorazione delle scorie ferrose lasciate dagli Etruschi e Romani. Una massa di circa 2 milioni di tonnellate che per secoli, e fino a non troppo tempo fa, ha segnato il paesaggio del golfo. È il 1919 quando la società tedesca S. a. Populonia inizia ad attrezzare l’area. Furono costruite strade, ponti, una centrale termoelettrica, la teleferica e un pontile con tre file di binari. Il tutto per portare quelle preziose scorie ricche di minerale di ferro nella Ruhr, via mare, dopo aver scaricato il carbone come risarcimento dei danni della Grande guerra. Una storia moderna che torna leggibile in scia al Piano unitario convenzionato di Baratti. Ovvero, l’intervento di riqualificazione e valorizzazione dell’area, che è di proprietà della Porto Baratti Srl, a cui si lega anche la pedonalizzazione del tratto di strada che dallo svincolo che sale a Populonia arriva allo scivolo di alaggio del porto.

Il progetto

Il progetto, curato dall’architetta Antonietta Ottanelli, ha preso le mosse nel 2021. Un intervento delicato, in un contesto paesaggistico e con insediamenti archeologici unici. Il Piano unitario convenzionato vede la collaborazione tra il Comune di Piombino e la Soprintendenza per le provincie di Pisa e Livorno. Il tutto per arrivare a ricostruire fedelmente l’impianto insediativo dell’agglomerato originario che ha previsto il ripristino dei due edifici dei dormitori posti ai lati dell’edificio direzionale del fronte porto, restituendo l’assetto urbanistico-edilizio del tempo. Tutte strutture che oggi sono a destinazione turistico alberghiera: dieci appartamenti tra mono e bilocali. L’altro edificio, ricostruito a sinistra del fronte porto, oggi ospita il bar del ristorante La Pergola. Tutte attività che sono già a regime.

«È stata fatta un’attenta ricerca storica, anche grazie alle preziose documentazioni del geologo Carlo Pistolesi – dice l’architetta Ottanelli –. Adesso, per rendere comprensibile a tutti il valore storico dell’area restano da montare i pannelli informativi e da completare le opere sul verde e sulle recinzioni». Che aggiunge: «Non si è trattato di limitarsi a realizzare una Rta e degli spazi commerciali, ma di legare a ciò che ha una valenza economica il valore paesaggistico e architettonico dell’area».

La viabilità

Tra gli interventi che si legano all’obiettivo di esaltare la storia industriale moderna di Baratti c’è la realizzazione dell’area pedonale del tratto di strada che dallo svincolo che porta a Populonia arriva allo scivolo di alaggio del porto. Il traffico ora è spostato sulla strada che in passato serviva per l’uscita e che adesso, con carreggiata allargata, è a doppio senso di marcia. Mentre il manto stradale della passeggiata pedonale è stato riqualificato con il ribasso del marciapiede lato mare. «Un intervento eccezionale per un luogo altrettanto eccezionale com’è Baratti. È stato fatto attraverso una sinergia tra pubblico e privato, con l’impegno economico di Porto Baratti Srl a scomputo degli oneri di urbanizzazione». Ha detto il sindaco di Piombino Francesco Ferrari in occasione dell’entrata a regime della nuova viabilità. Il risultato lo apprezzeremo di più in autunno con gli arredi, mancano le panchine e i lampioni a cui deve provvedere il Comune.

La storia

I primi a posare gli occhi su quei cumuli neri, ricchi di ferro, sono i tecnici della Società Ernesto Breda. È il 1915 quando viene approntato lo studio. Nel pieno della Grande guerra quella miniera a cielo aperto è preziosa. È così che nel 1917 si prova a il recupero a scopo industriale, ma l’elevato contenuto di silice nelle scorie fa naufragare il progetto. Si arriva al 1919 quando il contratto di sfruttamento viene rilevato dalla S.a. Populonia che negli anni darà il via all’attività con l’invio delle scorie nella Ruhr, via mare. Poi lo stop nel 1929 per contrasti sulla proprietà dei terreni. Si dovrà attendere il 1935 per una nuova concessione mineraria, questa volta in capo alla S.a. Populonia Italica, che due anni prima aveva rilevato la proprietà dei terreni. Siamo in piena autarchia per effetto delle sanzioni della Società delle Nazioni a seguito dell’avventura coloniale italiana in Etiopia. La concessione passa alla Società Ilva, a cui nel 1939 subentrala Ferromin, che opererà fino al 1943, quando i bombardamenti sugli impianti ne determinarono la chiusura. Si ripartirà nel dopoguerra con la Etruria Srl, fino alla definitiva cessazione nel 1969. 

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