Il Tirreno

Mounir Ghallab resta in carcere. I dubbi della difesa sul testimone

di Stefano Taglione
Mounir Ghallab resta in carcere. I dubbi della difesa sul testimone

L’omicidio Secondo l’avvocato dell’indagato il racconto sarebbe contraddittorio. Intanto il giudice convalida l’arresto del 23enne accusato di aver ucciso Carugati

07 febbraio 2023
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PORTOFERRAIO. Una testimonianza contraddittoria e una richiesta di aiuto che si è poi rivelata diversa dalla realtà. Sarebbero quelle, a giudizio della difesa, rese agli inquirenti dal testimone chiave dell’omicidio di Portoferraio. Si tratta di un ventitreenne portoferraiese che avrebbe trascorso serata e nottata in compagnia del cinquantatreenne milanese Angelo Carugati – l’uomo ucciso a bastonate nella notte fra mercoledì e giovedì scorsi in uno scantinato di Portoferraio – e il ventiquattrenne Mounir Ghallab, elbano di origine marocchina accusato del suo delitto e ora nel carcere livornese delle Sughere. Ieri mattina, in tribunale a Livorno, si è tenuta l’udienza di convalida dell’arresto, avvenuto in flagranza di reato da parte dei carabinieri su disposizione del pm Niccolò Volpe. La giudice per le indagini preliminari, Tiziana Pasquali, lo ha convalidato come richiesto dal sostituto procuratore. Secondo il tribunale, infatti, la misura cautelare è necessaria per il pericolo di fuga dell’indagato (che si è avvalso della facoltà di non rispondere).

Secondo la difesa ci sarebbero varie incongruenze nelle parole rese ai militari dell’Arma dal testimone dell’omicidio, un ex alunno dell’alberghiero di Portoferraio. Il giovane, coetaneo e amico di Ghallab, avrebbe cenato insieme a lui e a Carugati, poi i tre sarebbero rimasti a dormire nello scantinato comunale accanto al tunnel di Porta a Terra. Carugati e Ghallab nello stesso letto, l’amico sul divano. Stando al racconto di quest’ultimo, i due avrebbero cominciato a litigare poco dopo le 2, quando il cinquantatreenne avrebbe chiesto al ventiquattrenne di andare via dall’improvvisato dormitorio, col delitto che si sarebbe consumato attorno alle 2,30. Secondo quanto riscontrato dai carabinieri, Carugati sarebbe stato preso a bastonate in testa, colpito anche con una valigia e una pentola di metallo. Gli oggetti sarebbero stati trovati tutti insanguinati, con il bastone nascosto fra la rete del letto e il materasso.

Perché – sono stati gli interrogativi posti dalla difesa di Ghallab, rappresentata dall’avvocato Nicola Giribaldi – alle 2,15 di giovedì notte l’amico che era con loro sarebbe andato al commissariato della polizia di Stato, in viale Manzoni, chiedendo aiuto per una persona riversa a terra e poi, poco dopo, quando i carabinieri sono giunti sul posto non si sarebbe fatto trovare? E perché, attorno alle 3,30, ci è tornato sostanzialmente ripetendo le stesse parole? Una richiesta di aiuto che secondo la difesa sarebbe diversa dalla realtà visto che poi i militari dell’Arma, insieme ai volontari del Santissimo Sacramento, hanno trovato Carugati morto in un lago di sangue. Il testimone, sempre secondo quanto ricostruito, non aveva con sé il cellulare, motivo per il quale non ha chiamato il 112 ed è andato nel presidio delle forze dell’ordine più vicino al tunnel di Porta a Terra, quella della polizia di Stato che si trova vicino alla spiaggia delle Ghiaie.

Proseguono a tutto campo, nel frattempo, gli accertamenti della procura di Livorno. Nei prossimi giorni verrà svolta l’autopsia sulla vittima, mentre sul bastone, la valigia e la pentola si attende l’esito dei test del Dna, già svolti sulla persona indagata. Al momento dell’arresto i carabinieri hanno trovato addosso a Ghallab l’orologio di Carugati e in casa il suo cellulare.

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