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Verso il voto

I superstiti dell’Eccidio: «Non rinunciamo a votare»

Un'urna (foto d'archivio)
Un'urna (foto d'archivio)

Il messaggio di chi ha vissuto la strage del Padule nel 1944

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MONSUMMANO. Ad un giorno dalle elezioni politiche, il partito in vantaggio nei sondaggi continua ad essere quello dell’astensionismo. Si stima che la porzione di elettorato ad aver deciso di rinunciare al voto o che comunque sta pensando di farlo, si aggiri intorno al 35%. Ma al netto della crescente sfiducia nella politica e nelle istituzioni, in Valdinievole c’è chi, 78 anni fa, ha visto in faccia la nemesi della pace e della democrazia: indossava una divisa, imbracciava l’artiglieria, impartiva ed eseguiva ordini di morte, nei confronti di uomini, donne e bambini. Quelle immagini, quei rumori, quei dolori, sono le fondamenta di una memoria volontaria e necessaria, che si fa diritto e dovere, proprio come il voto.

«Ho quasi 85 anni e sono invalida al cento per cento, ma a votare ci vado anche zoppa – dice Vittoria Tognozzi, tra i sopravvissuti dell’eccidio del Padule di Fucecchio del 23 agosto 1944 a differenza delle 174 vittime, tra cui i suoi cari – . Votare è un diritto ma anche un dovere, è importante che ognuno esprima le proprie idee, anche perché non è sempre stato possibile ed io e altri ne siamo testimoni».

«Quel giorno alla casa Simoni a Cintolese ho perso la mia mamma di 29 anni e le mie due sorelline di 1 e 5 anni – continua Vittoria – . Io ne avevo 7. In tutto furono ammazzati più di dieci miei parenti, mitragliati davanti casa assieme a tante altre persone. Ricordare e raccontare quell’orrore per noi superstiti è un sacrificio grande, il fascismo non riesco nemmeno a nominarlo. Lo chiamo “l’uomo nero”, perché mi fa tanta paura. Ma lo facciamo perché questa memoria rimanga accesa nella gente. Andiamo volentieri nelle scuole, i ragazzi si commuovono e rimangono in silenzio. In loro ho speranza, la mia generazione non ha potuto studiare perché c’erano altri bisogni, al posto di andare a scuola andavamo a lavorare nei campi. Ma i giovani di adesso devono studiare e far valere le proprie ragioni con la pace, a partire dal voto».

«Votare è l’unico diritto che abbiamo e dobbiamo esercitarlo – sottolinea Giuseppe Cortesi, 86 anni, altro sopravvissuto all’eccidio nel versante di Ponte Buggianese, nel cui Comune ha poi svolto la funzione di ufficiale d’anagrafe – in casa mia sono sicuro che andremo tutti e spero ci vadano più persone possibili. Con tutto quello che di brutto succede nel mondo bisogna fare in modo che certe cose non si ripetano più. L’indifferenza fa andare tutto a rotoli e aumentare la violenza».

A far capire che non sono parole di circostanza, il racconto di ciò a cui ha assistito all’età di 8 anni il giorno dell’eccidio e non solo. «I tedeschi cercavano di ammazzare chiunque vedessero, mio padre tornò a casa strisciando la sera. Ma quando lui tornò, mia madre non c’era perché era andata in Padule a cercarlo. Per fortuna ci salvammo, c’erano persone morte ovunque. Anche un’altra volta rimasi nascosto con mia mamma per qualche ora in un canneto, i soldati ci passarono vicino ma non si accorsero di niente. Avemmo tanta paura».

«Ai giovani dico di imparare la storia e agli anziani che raccontino tutto, io quando posso lo faccio sempre. E poi di andare a votare e di adoperarsi per la pace».

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