Il Tirreno

Imprese e futuro

Carrara, all'ex Rumianca imprenditori pronti a investire – Bonifica: quanto manca

di Giovanna Mezzana

	L'area ex Rumianca
L'area ex Rumianca

Il maxi lotto industriale è di Eni Rewind. La bonifica del suolo sta per essere conclusa. Per la falda acquifera invece si dovrà andare avanti ma intanto si potrà costruire: ecco perché

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CARRARA. Non accadrà domani ma si muove qualcosa, anzi, assai più di qualcosa, perché torni a essere industrialmente produttiva l’area che ospitò la Rumianca, storico marchio della chimica italiana che a lungo e con Farmoplant ebbe le sembianze della madre di (quasi) tutti i veleni che hanno intossicato la terra apuana.

Dove siamo

Parliamo di 17 ettari nella Zona industriale, tra il fosso Lavello e gli impianti del Cermec, sulle soglie di Avenza, di proprietà di Eni Rewind, società che ha residenza nella metropoli Eni e il cui nome è una missione: eliminare ciò che può essere pestilenziale. Bonificare. Adesso siamo giunti a un punto tale per cui si possono tirare le somme della duplice maxi operazione di risanamento ambientale: della falda acquifera e del suolo. Tanto che a giugno l’area ex Rumianca dovrebbe essere “liberata” dall’ipoteca-veleni che arriva da lontano, dall’inserimento di essa nel cosiddetto Sito di bonifica di interezze nazionale (Sin): con almeno il suolo “ripulito”, si può “riusare”.

Molto interessante

Mentre si parla di futuribile ampliamento del porto – più traffici e nuove rotte – si accendano i riflettori su quest’area, che – pur avendo un limite (e vedremo quale) – è sulla traiettoria dello scalo marinello ed è, anche per questa caratteristica, molto appetibile. Strategica. Tant’è che si dice – ed è molto più di una chiacchiera da bar – che una famiglia di imprenditori locali sarebbe intenzionata a investire nella ex Rumianca, per dare ossigeno – più spazi – alla loro (già) scoppiettante attività d’impresa. Va da sè che sarebbero in trepidante attesa per il nulla osta ambientale.

Cronistoria

Avenza, Zona industriale apuana. Sono gli Anni ’40 del secolo scorso quando Rumianca avvia un’attività di chimica di base e di fertilizzanti. È la fine degli Anni ’60 quando qui arriva il Gruppo Sir. È il 1982 quando Roma trasferisce ex lege (tradotto, in forza della legge) a Eni, Ente di Stato, l’area Rumianca: le attività produttive sono definitivamente stoppate nel 1984. È pesante l’eredità sulla schiena del Cane-a sei zampe: è tutto da bonificare, l’acqua che scorre nel sottosuolo e le terre sopra. Nel 2001 il sito diventa di Enichem, (oggi Eni Rewind), che nel 2004 avvia un’attività di messa in sicurezza di emergenza della falda acquifera: crea una barriera idraulica e un impianto di trattamento acque; quindi avvia i primi interventi di messa in sicurezza di emergenza del suolo: copre e impermeabilizza le aree contaminate.

Sotto e sopra

Si va dunque avanti con il nulla osta a due distinti Progetti operativi di bonifica, i Pob. Il Pob della falda acquifera, approvato nel 2016 dal ministero dell’ambiente, porta al potenziamento del sistema di trattamento delle acque sotterranee per la rimozione delle sostanze contaminanti (metalli per lo più): esso prevede il confinamento delle acque di falda, l’emungimento di esso e quindi l’invio a un impianto di trattamento per la depurazione; detto in parole semplici: si succhia acqua dalla falda, si pulisce e si butta nel fosso Lavello. Il Pob dei terreni, invece, approvato dal ministero dell’ambiente nel 2018, prevede la rimozione, attraverso lo scavo e lo smaltimento in discarica, delle terre contaminate; in estrema sintesi, si tirava via terra velenosa e la si sostituisce con terra “buona”.

E adesso?

Mentre la bonifica della falda acquifera andrà avanti fino a quando l’acqua pompata non presenterà una concentrazione di arsenico, piombo, manganese e ferro entro i limiti previsti dalla legge , è la prassi in tutti i siti, «l’intervento sul suolo verrà completato entro giugno 2026», informa, su richiesta del Tirreno, Eni Rewind. Che aggiunge: «Tutti gli scavi sono certificati da Arpa e il rinterro delle aree scavate avviene solo dopo il rilascio di tale certificazione». Ed ecco il punto: «Al termine dei lavori – informa Eni Rewind – le aree saranno disponibili per nuove attività». E questo perché la cosiddetta Analisi di rischio sito-specifica (Arss) avrebbe stabilito che, ripuliti i terreni, non ci sono rischi reali per la salute umana o per l’ambiente.

L’ostacolo

Bene, da giugno, dunque, si potranno fare progetti per l’area ex Rumianca. Chi intende investire lì, però, non deve dimenticare un dettaglio: e qui entra in scena l’Amministrazione comunale. La giunta pentastellata dell’ex sindaco Francesco De Pasquale inserì nel Poc – il Piano operativo comunale, cassetta degli attrezzi di urbanistica – una disposizione specifica per l’area ex Rumianca; ecco cosa stabilì: quando l’area verrà urbanizzata, prima di lottizzare, occorrerà fare una pianificazione unica che contempli anche l’area vicina – che è in parte verde e la proprietà non è Eni Rewind – per calmierare il rischio idraulico che arriva dalla presenza del fiume Carrione. Si tratta, insomma di un’incombenza in più, ulteriore, per chi volesse investire.

Scafi? Pare di no

L’onere (imprevisto ma non troppo, è nelle carte civiche) non scoraggerebbe i potenziali investitori interessati all’ex Rumianca, che non apparterrebbero – per altro – al settore nautica; in passato si ipotizzò di riservare l’area, una volta bonificata, proprio “agli scafi”, e lo si fece nonostante la presenza del ponte autostradale all’altezza del Biscottificio Piemonte che potrebbe rappresentare un ostacolo (per l’altezza) – c’è chi dice superabile – lungo la rotta verso il porto. Non resta che aspettare che si facciano avanti. Con un progetto. E il sistema di aspettative della terra apuana si è già innescato.
 

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