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Carrara, spuntano altri cumuli sospetti nell'area degli scarti cancerogeni: «Sono rifiuti pericolosi»

di David Chiappuella
Carrara, spuntano altri cumuli sospetti nell'area degli scarti cancerogeni: «Sono rifiuti pericolosi»

Alla ex Ferroleghe a Nazzano, Regione e Terna dicono cose diverse

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CARRARA. A Nazzano a preoccupare non è solo il cosiddetto cumulo N dell’area Sin ex Ferroleghe, sotto il quale sono sepolte migliaia di tonnellate di fanghi contaminati dal cromo esavalente, sostanza estremamente cancerogena riscontrato anche nella falda dell’abitato del Murlungo, a valle dell’ex stabilimento, in concentrazioni fino 16 volte superiori al limite, già note dal 1990, grazie alle analisi effettuate dall’allora Usl n. 2. Ma c’è un’ulteriore fonte di rischio per la salute dei residenti, che potrebbe essere costituita da altri «cumuli di fanghi di combustione depositati sul terreno senza alcuna protezione» nell’area Sir di proprietà della società elettrica Terna Rete Italia Spa, adiacente alla stessa ex Ferroleghe.

La scoperta

L’esistenza di questi ulteriori depositi di materiali derivanti dalle lavorazioni dell’ex fabbrica, che produceva ferro-cromo, si evince da un’ordinanza del Consiglio di Stato, con la quale questo tribunale ha sospeso l’adozione del parere richiestogli dal ministero dell’ambiente nel ricorso straordinario presentato al presidente della Repubblica Sergio Mattarella da Terna contro Regione, Arpat, Asl Toscana nord ovest e comune di Carrara.

Il ricorso

Affidandosi a quattro motivi, il ricorso mira all’annullamento di alcune note emesse da questi enti e in particolare dalla Regione, che ha richiesto a Terna di ultimare le indagini ambientali e i monitoraggi delle acque sotterranee e superficiali nell’area in cui sono presenti i cumuli.

Qui Firenze

Secondo la Regione la caratterizzazione ambientale avrebbe dovuto concludersi con la redazione di un’analisi di rischio-sito specifica, per definire gli obiettivi di bonifica, con valutazione della situazione anche da un punto di vista sanitario. Terna ha comunicato di voler procedere alla realizzazione di due saggi esplorativi nell’area, al monitoraggio delle acque sotterranee e superficiali, come da integrazione al piano di caratterizzazione, prendendo atto dell’ipotesi di gestione dei cumuli formulata dalla Regione e confermando che tali materiali saranno gestiti nel rispetto della normativa. La Regione, dunque, ha invitato la società a concordare con Arpat le modalità operative, avvertendola che, a conclusione dei lavori di rimozione dei cumuli, si dovrà procedere, in accordo con l’Agenzia ambientale, alle verifiche del fondo scavo, quale parte integrante del piano di caratterizzazione.

Qui la società

Terna, però, ricordano i giudici amministrativi Roberto Garofoli (presidente) e Giuseppe Rizzo (consigliere estensore), ha impugnato tali provvedimenti, contestandoli «nella parte in cui qualificano i materiali costituenti i cumuli come rifiuti, in quanto ciò comporta che la loro rimozione e gestione avvenga nel rispetto degli onerosi adempimenti imposti dalla normativa e con la rimodulazione del piano di caratterizzazione già approvato dalla Regione, con conseguente aggravio del procedimento di risanamento dell’area». La società ritiene gli adempimenti «sproporzionati». Secondo Terna i cumuli «sono costituiti da una miscela eterogenea di materiali di origine antropica, cioè scarti della produzione ex Ferroleghe e di terreno e sarebbero stati utilizzati per la realizzazione di rilevati». Tale circostanza troverebbe conferma in sentenze del Tar del 1992 e dal Consiglio di Stato nel 1998, «che avevano escluso potenzialità nociva dei materiali e constatato lo stato inerte a seguito dei processi di carbonatazione intervenuti nel tempo».

Di traverso

Terna sostiene che «la Regione e l’Arpat non hanno considerato il tenore delle citate sentenze e hanno confuso i profili definitori e di gestione dei rifiuti, senza peraltro accertare la natura di rifiuti dei materiali dei cumuli», i quali, invece, in base a quanto stabilito dal testo unico ambiente, «sarebbero assimilabili ai terreni, sia in quanto non contaminati, sia in quanto ottenuti nell’ambito di un’attività di costruzione e utilizzati allo stato naturale nello stesso sito di escavazione per la realizzazione di rilevati».

Terna, infatti, riferisce di aver acquisito l’area in cui si trova la sua stazione elettrica dall’Enel, che, a sua volta, l’aveva acquistata dalla Ferroleghe Spa. «Nel corso di lavori di scavo degli anni 1989/1990 – scrivono i magistrati romani – l’Enel aveva rinvenuto materiali derivanti da lavorazioni industriali (della Ferroleghe, ndc) , collocandoli in cinque cumuli posti nel settore nord-ovest della stazione elettrica». Il Consiglio di Stato ritenendo di non poter esprimere il parere richiestogli dal ministero, ha sollecitato questo ente a presentare una relazione integrativa in cui dovranno essere approfondite le questioni in diritto e specificata la disciplina normativa applicata.
 

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