Il Tirreno

Il personaggio

Morta Licia Pinelli, la vedova del ferroviere anarchico Giuseppe. La tomba e i legami con la Toscana

di Libero Red Dolce

	Nella foto Licia Pinelli (a destra) con la figlia Claudia 
Nella foto Licia Pinelli (a destra) con la figlia Claudia 

Aveva 96 anni e ha sempre lottato per scoprire la verità sulla morte del marito, precipitato dalla finestra della questura di Milano dove fu trattenuto (da innocente) per la strage di piazza Fontana

11 novembre 2024
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MILANO. E' morta a 96 anni Licia Rognini Pinelli, la vedova del ferroviere anarchico Giuseppe Pinelli morto a 41 anni nel dicembre del 1969 precipitando da una finestra della questura di Milano, dove era stato trattenuto per l'esplosione della bomba nella sede della Banca Nazionale dell'Agricoltura in piazza Fontana. Le dichiarazioni ufficiali della questura parlarono di un suicidio, mentre lei, insieme ala madre di Pinelli Rosa Malacarne, denunciò il questore Marcello Guida per diffamazione.

La vicenda sollevò una fortissima polemica politica, che terminò con l’omicidio del commissario Luigi Calabresi, ucciso da membri della sinistra extraparlamentare.

«Una vita spesa con dignità coerenza e coraggio in difesa del nome di Pino… Cara Licia, quanto ti abbiamo voluto bene» la ricorda il circolo Anpi Barona di Milano in un post su Facebook, rivolgendo un abbraccio alle figlie, Silvia e Claudia Pinelli, e a tutti i suoi cari.

Quindi una citazione della donna, nata il 5 gennaio del 1928 a Senigallia: «Io sono cresciuta in una casa di cento famiglie, in viale Monza, dove c'era di tutto e potevamo essere tutto, ho fatto una scelta. Sarà anche banale, ma è una scelta di vita che riguarda il modo di essere, il matrimonio, il lavoro, la verità, la politica anche».

Licia Pinelli era molto riservata, non amava essere citata sui giornali, chiedeva anzi di non comparire ai giornalisti che parlavano con lei.

Gli incontri e la stretta di mano con la vedova Calabresi

Il 12 dicembre 2019, Licia Rognini e Gemma Capra, rispettivamente vedove di Giuseppe Pinelli e del commissario Luigi Calabresi, si sono incontrate per la seconda volta a Milano. Il loro primo incontro risaliva al 2009, quando l’allora Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, aveva istituito la Giornata delle vittime del terrorismo, fissata al 9 maggio, anniversario dell’omicidio di Aldo Moro. In questa occasione, Licia e Gemma si sono nuovamente strette la mano, alla presenza del presidente della Repubblica Sergio Mattarella.

La tomba e il legame con Carrara

Pinelli volò dalla finestra della questura ben oltre le 48 ore garantite perché il fermo dell’anarchico fosse legale, senza alcuna convalida del fermo da parte dell’autorità giudiziaria. Il 20 dicembre del 1969 si svolsero i suoi funerali al cimitero di Musocco, alla presenza dei familiari, amici, compagni anarchici e diversi intellettuali. 

A Marina di Carrara Licia e Pino Pinelli passavano spesso le vacanze estive, una città che il ferroviere apprezzava particolarmente sia per via della presenza di molti compagni anarchici sia per lo spirito libertario.

Nel gennaio 1981 la salma di Pinelli fu portata al cimitero di Turigliano di Carrara da Musocco, sotto a un cippo che reca la scritta “A Pino, gli anarchici”. Sotto il cippo c’è una grossa lastar di marmo sulla quale in lettere di bronzo è scritta la poesia “la macchina del Clarion di Spoon Eiver venne distrutta” del poeta Edgar Lee Masters.

Il testo della poesia

«Io vidi una donna bellissima, con gli occhi bendati

ritta sui gradini di un tempio marmoreo.

Una gran folla le passava dinanzi,

alzando al suo volto il volto implorante.

Nella sinistra impugnava una spada.

Brandiva questa spada,

colpendo ora un bimbo, ora un operaio,

ora una donna che tentava di ritrarsi, ora un folle.

Nella destra teneva una bilancia;

nella bilancia venivano gettate monete d’oro

da coloro che schivavano i colpi di spada.

Un uomo in toga nera lesse da un manoscritto:

“Non guarda in faccia a nessuno”.

Poi un giovane col berretto rosso

balzò al suo fianco e le strappò la benda.

Ed ecco, le ciglia erano tutte corrose

sulle palpebre marce;

le pupille bruciate da un muco latteo;

la follia di un’anima morente

le era scritta sul volto.

Ma la folla vide perché portava la benda»

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