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Carrara, Scattina e le cave: guadagni super ma i valori medi mi sembrano bassi

di Massimo Braglia
Carrara, Scattina e le cave: guadagni super ma i valori medi mi sembrano bassi

Nel mirino il calcolo della produzione di ogni singola cava, con un esempio. «Eppure la Montecatini marmi riusciva a controllare il suo enorme patrimonio»

28 maggio 2024
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CARRARA. Il dottor Giuseppe Scattina, consigliere comunale eletto come indipendente in Rifondazione nel 2012 e poi a inizio 2015 passato all’opposizione nel gruppo misto, già all’epoca aveva fatto numerosi interventi sui valori medi del marmo. Adesso, in un articolato documento, ricorda fra l’altro che «un esperto di diritto penale dell’economia, interrogato per il servizio di Report ha dichiarato che nelle industrie manifatturiere che usano macchinari, si può raggiungere il 4-5% di utili; nell’estrazione del marmo ci sono invece situazioni in cui si arriva anche al 60-70% lordo; al netto delle tasse, l’utile giunge anche al 47%». «Senza considerare – aggiunge Scattina – che accanto alle cave che sono su superficie di proprietà del Comune, i cosiddetti “agri marmiferi”, ci sono i “beni estimati”, che, in base all’editto della Duchessa estense della metà del 1700, avente valore retroattivo per le cave accatastate a partire dal 1730 (solo 294 anni fa! ) vengono considerati proprietà privata e non pagano la tassa di concessione comunale».

Il valore medio

«Cerchiamo di capire – prosegue – il meccanismo per arrivare al Valore Medio di ciascuna cava. Per ogni singola cava viene stilata, dall’Ufficio Marmo, una scheda in cui sono elencate le varie qualità di marmo estratte (prima colonna) e le percentuali prodotte rispetto al totale di cava estratto (penultima colonna). Analizziamo la tabella. Nella cava presa ad esempio, si estrae, tra le altre tipologie di marmo, il Calacatta di 1ª scelta (prima riga). I blocchi squadrati e sani rappresentano il 10% sul totale dell’escavato di questa tipologia; il valore concordato di mercato è di 5. 905 euro; i blocchi semisquadrati / difettosi, rappresentano il 30% della produzione e il loro valore di mercato è di 2.625 euro; i blocchi informi costituiscono il 60% della produzione e hanno il valore di mercato di 420 euro. L’insieme della produzione di Calacatta di prima scelta di questa cava rappresenta il 5% dell’intero escavato. Calcolando il prezzo di ogni tipologia e la percentuale di ciascuna si ottiene il valore medio di ogni tipologia produttiva che corrisponde, in questo caso, Calacatta 1ª scelta, a 1. 630 euro. Ma come detto e come si vede dalla scheda, il Calacatta 1ª scelta è solo il 5% dell’intero marmo estratto in questa cava, pertanto il 5% di 1630 è 81,50 euro. È quindi questo il valore medio di mercato (calcolato dall’Ufficio Marmo del Comune di Carrara) per questa tipologia merceologica. È evidente che, variando le percentuali di produzione varierebbe anche il risultato finale. Qui si sommano tutti i Valori medi ed abbiamo il Totale: 316,80 euro. Questo è il valore medio sul quale calcolare il 5% di tassa di concessione comunale e il 10% di contributo regionale di estrazione che l’industriale deve pagare al Comune per ogni tonnellata di marmo che scende a valle, qualsiasi sia la tipologia di marmo che esce da quella cava. Anche per il Calacatta 1ª scelta con valore di mercato di 5.950 euro a tonnellata, ma il Presidente dell’Associazione Industriali ha ammesso, durante la trasmissione di Report, che il prezzo di mercato del Calacatta 1ª scelta si aggirerebbe intorno ai 10. 000 euro. Ben al di sopra dei 5905 euro, concordati». «Riassumendo, il Valore Medio di mercato, nel caso esaminato, è 316, 80 euro a tonnellata e su questa cifra si applicano il 5% per la tassa di concessione comunale (15, 84 euro) e il 10% per Contributo Regionale (31, 68 euro). Pertanto con una elemosina alla comunità di Carrara di 47, 52 euro il povero industriale del marmo è poi libero di vendere il marmo, che estrae dalle cave che sono della collettività, alle cifre che tutti sappiamo. Ma non è tutto, perché molte cave (tra cui quella dell’esempio) sono considerate, in toto o in parte, “Beni estimati” in base all’editto di Maria Teresa, e quindi non pagano la tassa di concessione per la parte di cui sono considerati proprietari. La cava dell’esempio, per la tassa di concessione comunale, paga 15,84 euro a tonnellata solo sul 35,8% della sua produzione, perché questa è la sua quota di “Agro marmifero”; il restante 64, 2% figura come “Bene estimato”. Ma essendo agro marmifero per il 35,08% della sua estensione paga solo 5,56 euro a tonnellata per qualsiasi tipologia di marmo. Si spiegano così i ricavi, assolutamente fuori dal comune, derivanti dall’escavazione». Secondo Scattina, inoltre, «è legittimo e doveroso dubitare che i valori di mercato, affermati dalle schede, siano al di sotto o molto al di sotto del reale. Non esiste, neanche, nessuna prova che le dichiarazioni sulle quantità e qualità delle tipologie prodotte siano veritiere. Se si dichiarasse che un blocco di prima scelta è di seconda, chi potrebbe azzardare una smentita? ».

Il caso Montecatini

A suo avviso, «Quando la possibilità di seri controlli non esiste, l’evasione fiscale e le vendite in nero diventano possibilità e probabilità. La possibilità di controlli seri e puntuali, però, non è utopistica. La Montecatini Marmi, a suo tempo, quando aveva un enorme patrimonio di cave, controllava ogni giorno la produzione totale di ognuna, aveva conoscenza oggettiva della qualità e del valore di ogni blocco, e lasciava alla libera vendita delle cooperative solo i blocchi di minor valore. Chi vende o compra del marmo in blocchi ha dei metodi oggettivi, relativamente sicuri, per accertarsi della reale qualità di cosa vende o compra. Se questo è possibile ai privati, perché non dovrebbe essere possibile a un’amministrazione pubblica? Comunque sia, va detto – conclude amaramente, «che fino a quando resterà in vigore questa storia del valore medio della produzione di una cava, anche se si moltiplicassero per due o tre o quattro i valori delle tipologie più pregiate, dato che costituiscono», alla luce delle tabelle in vigore, «una percentuale minima della produzione, il valore medio di ogni tipologia produttiva non salirebbe di molto».

 

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