Il Tirreno

Sparò in volto al vicino di casa, la Cassazione conferma i sei anni

di Chiara Sillicani
Sparò in volto al  vicino di casa,  la Cassazione conferma i sei anni

La sentenza è definitiva: il pensionato è accusato di tentato omicidio

07 febbraio 2023
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MASSA. È definitiva: venerdì la prima sezione della Corte di Cassazione ha confermato la sentenza d’Appello e condannato l’83enne Alberto Tonarelli a sei anni di reclusione con l’accusa di tentato omicidio.

La vicenda – per ricostruirne i contorni – risale al luglio del 2013. Alberto Tonarelli, pensionato, ex guardia giurata alla Dalmine, in località Campareccia spara con la sua Smith&Wesson 357 Magnum al vicino di casa Ottavio Ciuffi. Tre colpi, due andati a segno, uno con palla unica e uno caricato a pallini. Ciuffi viene colpito prima dal proiettile unico, poi dalla pioggia di pallini al volto, perde sangue, è in stato di incoscienza, stramazza a terra. Viene trasferito di urgenza, in elicottero, al reparto maxillofacciale dell’ospedale di Pisa. Per il pensionato il gip dispone gli arresti domiciliari: l’accusa per lui è di tentato omicidio.

I legali dell’ex guardia giurata propongono un patteggiamento a quattro anni, ma l’allora sostituto procuratore titolare dell’indagine Alberto Dello Iacono (poi sostituito da Roberta Moramarco) si oppone e Alberto Tonarelli va a processo. Ciuffi e la moglie – anche lei presente quella mattina del luglio 2013 – rappresentati dall’avvocato Enzo Frediani, si costituiscono parte civile. A processo la tesi difensiva di Tonarelli emerge chiaramente: spiega di aver agito per paura. Come ha spiegato ai carabinieri subito dopo aver sparato.

Una lite, quel 13 luglio, per i rami di un albero: il pensionato – lo riferisce ai militari intervenuti alla Campareccia – voleva potare una pianta perché faceva ombra al suo orto e Ciuffi non era d’accordo. Tonarelli si difende spiegando di aver agito per paura, temendo un’aggressione. Quando scattano gli arresti domiciliari racconta di utilizzare la pistola (regolarmente detenuta) per sparare a vipere e animali nel caso si avvicinino a casa sua, a poca distanza dai boschi. Riferisce – questa la tesi difensiva esposta anche in aula dagli avvocati di Tonarelli – che tutto è cominciato fuori casa, in giardino: lui rientra perché minacciato dal dirimpettaio. Spaventato, una volta in casa, prende la rivoltella e la usa per difendersi. Una versione resa già a sommarie informazioni dopo l’arresto e ribadita davanti al collegio. Versione però che non trova conferme in sede processuale: per gli inquirenti l’ex guardia giurata ha sparato in un impeto di rabbia. Senza aver subito alcuna minaccia. Da qui la richiesta di una pena di 12 anni avanzata della pubblico ministero Moramarco. Nell’ottobre del 2018 il collegio, composto dai giudici Alessandro Trinci (presidente), Alice Serra e Elisabetta Congiusta (a latere) condanna in primo grado Alberto Tonarelli a sei anni di reclusione e riconosce anche una provvisionale di 80mila euro, una somma che il giudice riconosce, appunto, alle persone offese, costituitesi parti civili nel processo penale, come “anticipazione” del risarcimento che sarà definito in sede civile. La difesa ricorre contro la sentenza di primo grado che la Corte di Appello di Genova, però, conferma, quindi il ricorso in Cassazione: venerdì la prima sezione della Suprema Corte ha confermato la sentenza di appello. Condanna a sei anni di reclusione.

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