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Lucchese, Morgia l’hombre vertical saluta e se ne va: le promesse non mantenute della società
Il 73enne ha spiegato i perché dell’addio all’incarico di responsabile del settore giovanile
LUCCA. La situazione è grave, ma non è seria. L’aforisma caro a Ennio Flaiano può tranquillamente mutuarsi per l’ennesima stucchevole telenovela di una Lucchese che, dall’epoca Maestrelli, non trova pace. Perché se un uomo perbene come Massimo Morgia, trasparente, genuino, innamorato di un calcio pulito e fedele ai colori rossoneri, alza bandiera bianca di fronte a una società professionistica che, almeno a livello di settore giovanile, agisce come un club dilettantistico, allora il futuro non può che essere a tinte fosche. Teso, amareggiato e commosso il maestro di calcio – 73 anni, che da oltre mezzo secolo insegue un pallone prima da calciatore e poi da allenatore – ha spiegato in un’ora i motivi del suo addio a un incarico che aveva sognato da anni: quello di ricostruire su basi solide il settore giovanile sulle orme del suo antico maestro Alessandro Bianchi. Ci ha messo cuore, anima, impegno, notti insonni, pacchetti di sigarette per evitare crisi di nervi e ore trascorse sui campi e nei palazzi del potere per parlare con allenatori, genitori, assessori e imprenditori. E alle fine le promesse – non solo verbali (verba volant, scripta manent) ma portate all’attenzione del club attraverso un programma scritto con tanto di budget richiesto – sono rimaste sulla carta. E a Morgia è rimasta l’amarezza di quello che poteva essere e non è stato.
La domanda sorge spontanea: perché chi amministra la Lucchese avendo la delega per farlo al di là delle elucubrazioni presidenziali non ha avuto l’onestà di parlar chiaro dicendo che non c’era copertura economica per il progetto oppure, semplicemente, che la società aveva altre idee sul vivaio? Per Morgia, hombre vertical in un mondo di hombre horizontal, la «dignità non ha prezzo» e quindi dopo le ultime vicissitudini – le trasferte della Primavera quasi tutte a Sud di Roma effettuate in giornata eccezion fatta per Catania e Catanzaro, la squadra dei 2010 costretta a giocare in undici in organico senza portiere di riserva per la prima gara di campionato per un premio di valorizzazione alle società di appartenenza che non è stato pagato – da Capitano vero ha provato vergogna e martedì 17 (come Il Tirreno aveva accennato) si è recato in sede rassegnando le sue irrevocabili dimissioni.
Ha provato, invano, l’ormai ex responsabile del settore giovanile a contattare il presidente Andrea Bulgarella e ha avuto solo ieri in call conference un collegamento con l’amministratore delegato Ray Lo Faso che, novello Checco Zalone, è “caduto dalle nubi” sostenendo di non essere a conoscenza dei tesseramenti e delle altre cose visto che «certi accordi erano stati presi dal presidente».
Certo, non sarà difficile trovare il sostituto di Morgia. A Lucca ci sono sempre “bandiere buone per tutte le stagioni” pronte all’uso. Come sottolinea l’ex difensore della Lucchese anni Settanta: “Chi non ha il coraggio di ribellarsi non può lamentarsi”. E lui ha fatto l’unica cosa che un uomo vero deve fare: dimettersi e rendere la cosa pubblica. L’impressione è che la querelle del settore giovanile nasconda un malessere più profondo. Ci auguriamo di essere smentiti. Anche l’amministrazione comunale – dopo il caso del manto erboso del Porta Elisa ridotto a un impianto da beach soccer – inizia a porsi interrogativi.
Il sindaco Pardini e l’assessore Barsanti chiedono, alla luce delle dimissioni di Morgia, un incontro con la società rossonera. Restano le parole, cariche di amarezza e dispiacere di un galantuomo d’altri tempi che ha una sola faccia e una coscienza. l
Luca Tronchetti
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