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Lucca, vittima di stalking costretta a cambiare città

Lucca, vittima di stalking costretta a cambiare città

«Nessuna condanna, né un risarcimento potranno ripagarmi per quello che ho vissuto»

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LUCCA. «Quando ho capito che non era più libera di uscire di casa senza guardarmi alle spalle, ho compreso anche che quello non era più amore». La voce di una donna lucchese si inserisce con forza nella Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne, celebrata martedi. La sua è la storia di una relazione finita e trasformata in un incubo fatto di molestie, pedinamenti, telefonate ossessive. Una storia che ha deciso di rendere pubblica affinché altre donne trovino il coraggio di denunciare prima che la paura prenda il sopravvento.

Tutto comincia nel momento in cui lei decide di porre fine a una relazione ormai logora. Una scelta legittima, normalissima. Ma che per il suo ex fidanzato diventa la miccia di un’escalation di comportamenti molestatori: telefonate, messaggi, pressioni continue. Nel 2022 la donna, assistita dall’avvocata criminologa Alessandra Severi, deposita la prima querela. Il Tribunale di Lucca condanna l’uomo ad alcuni mesi di arresto per il reato di molestia o disturbo alle persone. Lui impugna, ma la Corte d’Appello conferma tutto lo scorso luglio.

Nel frattempo, il comportamento dell’uomo non si ferma. Anzi. Nonostante il procedimento in corso, continua a tormentarla con ogni mezzo: social, telefonate, appostamenti sotto casa, pedinamenti verso il luogo di lavoro. «A quel punto – spiega l’avvocata Severi – era necessario depositare una nuova querela per atti persecutori, lo stalking, perché la condotta era diventata sistematica, ossessiva, devastante».

La seconda sentenza arriva: un anno e sei mesi di reclusione, più il risarcimento alla parte civile. Una condanna pesante, che oggi pende in appello. La donna, nel frattempo, prova semplicemente a vivere. Aspetta che la giustizia faccia l’ultimo passo e chiuda un cerchio che lei ha già pagato a caro prezzo.

«Il termine stalking viene dal linguaggio venatorio – ricorda Severi – e descrive bene la dinamica di chi bracca la vittima come una preda: sorveglianza, controllo, contatti incessanti. Azioni ripetute che generano ansia, paura, uno stato di allerta costante».

E aggiunge un dato che fa tremare i polsi: «Secondo l’indagine Istat Sicurezza delle donne, in Italia oltre due milioni di donne hanno subito comportamenti persecutori da partner o ex partner durante o dopo la separazione. Circa il 20% delle donne ha sperimentato forme di persecuzione assimilabili allo stalking almeno una volta nella vita. Numeri che richiedono interventi profondi, non slogan».

Perché denunciare non è mai facile. Significa affrontare un percorso lungo, emotivamente logorante, spesso fatto di attese, udienze, ricordi che ritornano. Eppure è l’unica strada.

La donna oggi vive lontana dalla sua città. Ha scelto di andare via per ricominciare. «Mettere nero su bianco la mia storia – dice – è stato un modo per incanalare paura e dolore. Nessuna condanna potrà restituire ciò che ho vissuto, ma se il mio racconto potrà aiutare anche solo una donna a salvarsi, allora ne sarà valsa la pena».

In giornate come quella di ieri, le statistiche parlano. Ma sono le voci e le storie come la sua che obbligano a non distogliere lo sguardo. l

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