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Lucca, intervento sbagliato al ginocchio: condannati medico e clinica

di Pietro Barghigiani
Lucca, intervento sbagliato al ginocchio: condannati medico e clinica

Risarcimento di 80mila euro riconosciuto a una professionista

27 marzo 2024
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LUCCA. Un incidente sugli sci le ha cambiato la vita. In peggio. Era il marzo 2016 quando la professionista, allora 51enne, si infortunò in maniera grave al ginocchio destro.

Sperava di risolvere il problema con un intervento e si affidò a un ortopedico che le consigliò di fare l’operazione in una clinica privata: ne è uscita con un danno permanente e con l’impossibilità di coltivare le sue passioni sportive e di viaggio.

Citati in giudizio il medico e la casa di cura, la professionista si è vista accogliere le sue ragioni dal giudice Anna Martelli che ha condannato, spese di lite comprese, ortopedico e società proprietaria della clinica a pagarle oltre 80mila euro di danni. L’assicurazione coprirà il risarcimento.

L’intervento

Nella struttura privata le avevano posizionato una placca laterale a fori con viti. I dolori non erano passati, ma il medico le garantiva, durante i vari controlli anche con l’illustrazione delle radiografie, che l’intervento era andato bene.

I consulti

La donna allora decide di rivolgersi a un medico legale di sua fiducia che la mette al corrente della situazione: l’intervento chirurgico di riduzione della frattura non era stato eseguito bene, che l’insufficiente riduzione della frattura era già evidente alla radioscopia e che un eventuale intervento correttivo avrebbe potuto essere effettuato solo a breve distanza dal primo intervento. Presa dallo sconforto, la 51enne ha riferito di essersi rivolta alle cure di uno psicoterapeuta «al fine di poter accettare la disabilità conseguente all’errata effettuazione degli interventi; che gli ortopedici consultati avevano evidenziato che fin dal primo controllo, eseguito dopo l’operazione, risultava evidente che l’intervento non era riuscito; che, stante il tempo ormai trascorso dal primo intervento, non restava altra soluzione che una protesi».

L’operazione “buona”

Nell’ottobre 2018 si opera di nuovo, stavolta in un centro ortopedico specializzato, per farsi impiantare una protesi e poter così riprendere un minimo di autonomia.

Le consulenze

I tecnici incaricati dal Tribunale hanno rilevato che «l’esecuzione dell’intervento di riduzione della frattura tibiale eseguito il 30 marzo 2016 appare, sulla base della documentazione, non eseguito a regola d’arte. La riduzione della frattura fu incompleta e non correttamente eseguita, e questo proprio perché non fu correttamente studiata la frattura, che avrebbe richiesto un accesso misto, artroscopico e a cielo aperto».

Addio passioni

Aveva una vita piena, fuori dal lavoro, la professionista colpita dall’handicap dovuto, secondo la sentenza, a un intervento errato. Si legge nella sentenza: «Dalla documentazione agli atti emerge che la ricorrente fin dall’infanzia ha frequentato corsi di ginnastica e di nuoto e svolto corsi di tennis, equitazione per poi dedicarsi alla corsa, alla pesistica, al trekking, al walking e alla mountain bike ed è sempre stata una grande appassionata di sci. Ha fornito prova di viaggi che richiedevano lunghi trekking nella giungla, nella savana, nelle foreste pluviali, viaggi in motoslitta sui ghiacci del Polo Nord». Passioni consegnate al passato non più praticabili a causa dell’errore in sala operatoria.

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