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Basket, parla Andreazza: «Ecco come sarà la mia Libertas»

di Giulio Corsi

	Marco Andreazza
Marco Andreazza

Il coach: «Ho visto i veterani piangere dopo il ko in Coppa, lì fu la vera svolta Filloy giocherà da guardia, Tozzi ala piccola, ora un play italiano e due americani esperti»

29 giugno 2024
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Marco Andreazza, l’uomo che ha riportato la città di Livorno tra i grandi del basket. Si è ripreso dalla sbornia promozione?

«Adesso comincio a realizzare l’impresa. Gara-5 è durata dieci mesi, potrei dire addirittura di più: anche se non c’ero all’inizio del percorso della nuova Libertas, sono qui da tanto tempo. Le finali si possono vincere o perdere ma il pallone che entra o esce è frutto non solo di una parabola giusta o sbagliata, ma anche di un percorso. Siamo stati bravi a migliorare, le stagioni perfette non esistono, lo diventano dopo. Sappiamo di aver fatto felice tanta gente, questo è bello».

Quanto vale questa promozione?

«Tantissimo. Soprattutto in relazione alla forza crescente della B d’Eccellenza: le news di mercato, la presa di coscienza di tante società che si stanno tarando con lo straniero, raccontano di un livello sempre maggiore. Sarà sempre più difficile vincere questo campionato. Il salto è arrivato al momento giusto. Se avessimo perso sarebbe stata dura ripartire, la Libertas l’avrebbe fatto, con la giusta ambizione, ma sarebbe stato difficile».

Siete entrati nella storia del basket livornese...

«Anche più che livornese. L’eco dei messaggi ricevuti e dei mass media nazionali, fanno capire come la città di Livorno meritasse di tornare in A2. Senza il contributo di tutti non saremmo andati da nessuna parte. Il lavoro dello staff tecnico in questi due anni e mezzo di mia gestione è stato incessante, stremante, siamo arrivati alla fine stando notti a lavorare, a spezzare il capello, abbiamo cambiato due tre volte modo di giocare sia in attacco che in difesa, e questa evoluzione ha fatto la differenza».

Già, la Libertas è cambiata molto, anche rispetto alla squadra che lei aveva in mente in estate.

«Le squadre le pensi, le metti insieme, poi devi allenarle. Avevamo avuto una partenza a handicap, pensavamo che alcuni passaggi potessero essere più graduali, ma le musate hanno accelerato il percorso».

A proposito di musate: cosa è successo a ottobre?

«Quello che temevo: avevamo accelerato l’ultimissima parte di preparazione per arrivare pronti ed eravamo stati abbastanza brillanti nelle prime due partite, soffrendo con Cassino e vincendo bene a Omegna, ma al primo turno infrasettimanale sono usciti i nostri limiti con 3 ko in 7 giorni. Forse, se ne avessimo persa una in meno non si sarebbero smascherate le problematiche che ci hanno costretto ad accelerare il percorso di crescita».

E così in pieno autunno anche lei è finito in bilico. Com’è stato il giorno dopo il ko con Crema?

«Nei panni di assistente avevo vissuto diversi esoneri del capo allenatore, conoscevo il clima e intorno a me non vedevo belle facce. Dopo Crema fui io a provocare la situazione. Dissi “Signori, se non sono l’allenatore giusto fatemelo sapere, ma se c’è fiducia si fa come dico io”. Passò la linea di confermarmi, ne uscimmo rinforzati, io agli occhi dei giocatori, e questo è importante, perché in tutti i gruppi la gente deve capire dov’è la leadership, chi comanda. Noi eravamo compatti, io avevo lo spogliatoio dalla mia parte, lo staff pure, era solo un problema di risultati. Da lì è iniziato il ciclo vincente».

Quale è stata la forza della LL?

«Mettere da parte gli io e guardare al noi e avere veramente il grandissimo obiettivo della vittoria del campionato. La finale di Coppa è stato un passaggio doloroso, ho visto molti dei miei veterani piangere in spogliatoio, quasi fosse stato uno degli ultimi appuntamenti per vincere».

Lì che è successo?

«È stata brava la società, perché è venuta in spogliatoio dicendoci “vogliamo vincere il campionato, non faremo un passo indietro”. Ci hanno fatto capire che ci avrebbero supportato. Roberto, Dino, Yann, Luca sono venuti tutti, gestione sportiva e fondazione si sono compattate sull’obiettivo comune. Una finale secca si può perdere, ma a Roma abbiamo giocato una delle più belle pallacanestro della stagione, le due partite di Coppa sono state di altissimo livello, una dominata, una persa alla fine. Da lì siamo partiti per la seconda volta. Il primo step è stato il post Crema, poi il post Montecatini in Coppa e il terzo il post derby. Le nostre tre pietre miliari».

E tecnicamente la chiave quale è stata? Profondità del roster, forza difensiva, varietà di opzioni d’attacco?

«La compattezza difensiva c’è sempre stata, era una squadra costruita per difendere. Siamo migliorati dal punto di vista tattico, il che ci ha dato spunti sia nel finale di season che nei playoff per tenere in piedi qualche partita che non si era messa bene. Dal punto di vista offensivo abbiamo cambiato più volte modo di giocare, l’intelligenza è stata mettere tutti in grado di dare il proprio contributo individuale. Eravamo additati come una squadra senza stella e questo ha permesso di tirar fuori l’individualità dentro il sistema, ognuno dei nostri 10 giocatori ci ha fatto vincere qualche partita, è la cosa più bella».

Ai tifosi libertassini e alla città di Livorno cosa le piacerebbe dire?

«Grazie. Ognuno è giusto che si tenga dentro le proprie emozioni, ho ricevuto tanti grazie ma sono io che ringrazio. La spinta di tutti i libertassini ci ha portato in A2».

Ha subito tante critiche. I tifosi sui social, ma anche addetti ai lavori. Roberto Russo disse che lei non avrebbe voluto Williams. Altri che anziché Terenzi avrebbe voluto un realizzatore, o che si doveva mandar via Saccaggi, o non confermare Ricci...

«C’è libertà di opinione, una volta si parlava al bar sport, ora basta un clic. Abbiamo vissute le critiche dei tifosi sempre con serenità, magari dispiaceva che qualcuno potesse non capire i momenti di sofferenza. Ma le critiche fanno parte del gioco, è anche bello che qualcuno tra giornalisti e colleghi non la pensi come te. C’è chi deve fare le scelte ed è il tempo a dire se sono state giuste o no. Quel che è certo è che da quando sono arrivato il 5 febbraio 2022 i giocatori li ho scelti io e chi non ho riconfermato non li ho riconfermati io, mettendoci sempre la faccia».

Anche Ricci tre giorni fa?

«Ho detto alla società quali giocatori non rientravano in un progetto tecnico che presuppone di fare scelte sulla globalità della squadra inserita in un campionato. La società ascolta quel che gli dice l’allenatore. Ci sono situazioni in cui si è più vicini e si discute meno, in altre si discute di più, ma quando società e allenatore comunicano ai diretti interessati una scelta, qualcuno deve prendersi la responsabilità e anche qualche anatema».

Quanto è difficile fare una squadra di A2 rispetto a una di B?

«È più difficile, è un campionato completamente diverso, torna a essere a girone unico e non c’è la speranza come negli ultimi anni di trovarsi in un girone più debole e poi mischiare le carte ai playoff o ai playout. Qui la domenica sera la classifica ti guarda in ghigna come si dice a Livorno. Poi al di là del budget ci sono società super strutturate, bisognerà fare in modo di entrare con grande umiltà cercando di capire presto dove siamo, ciò avrà un prezzo da pagare. Speriamo di toglierci questo peccato originale prima possibile».

Consigli ha detto che si affida molto a lei nel mercato.

«Mi fa piacere che Roberto e il club abbiano fiducia in me, cerco di vivere la professione a 360 gradi, ma non mi piace troppo la figura dell’allenatore manager. Io propongo scelte tecniche e consigli per migliorare la struttura poi ognuno porta avanti le proprie competenze e responsabilità».

Che Libertas immagina?

«Gagliarda, in grado di competere per un percorso lungo e faticoso. Promesse non se ne fanno, non è giusto, ma proveremo a essere anche in A2 la Libertas che nessuno vuole incontrare. Durezza mentale, umiltà, voglia di confrontarsi: questo sia il nostro verbo».

In che ruolo immagina i due Usa?

«Uno nel pacchetto esterni e uno nel pacchetto lunghi. Saranno l’ultima scelta che faremo, visto che il mercato è più vasto. Prima completeremo il gruppo italiani, poi l’11esimo e 12esimo, che dovranno essere giovani già in grado di stare nel gruppo di allenamento».

Saranno due 2005...

«A loro andrà presentato un percorso tecnico e un campionato di riferimento, non possono fare solo l’11 e 12esimo».

Pensa alla C col Don Bosco?

«Anche una B interregionale in zona, dobbiamo puntare al più alto livello possibile».

Tozzi giocherà da tre?

«Inizialmente sì. Anche per questo qualche rinuncia in più è arrivata sul pacchetto esterni. Abbiamo bisogno di aumentare la fisicità. Sto parlando con Luca per prospettargli il percorso, anche se nella pallacanestro moderna la divisione dei ruoli è aleatoria».

Pur avendo buona mano fronte a canestro e penetrazione è uno che ama ricevere in post basso. Dovrà snaturarsi?

«Io credo che sia un pregio. Anche in A2 non ci sono tante squadre con un 3 con la struttura di Tozzi. Dovrà lavorare molto in estate, ballerà anche nei 4 ma io lo penso in 3».

Filloy giocherà da play o guardia?

«Ariel non è più un play puro, anzi deve tenere palla in mano quando conta all’interno della partita o dell’azione. Nella nostra idea sarà sgravato da compiti di costruzione e si inserirà nel pacchetto guardie. Ma sarà lui che mi dirà quale è la gestione migliore per essere performante al 100%. Poi sapete che mi piace cambiare quintetti, Ariel è un bell’abito blu, lo metti con tutto».

Ci vuole un play italiano dunque?

«Lo preferirei, ma non è un mercato facile: ci sono profili giovani o tanto costosi».

Allinei guardia o ala piccola?

«Non farei grossa distinzione. Greg ha caratteristiche da sfruttare in uscita dai blocchi, sugli scarichi, dovremo metterlo in gioco».

Lucarelli (che oggi sarà operato da Chiellini ndc) resta?

«Ho parlato con Jacopo. C’è un rapporto stretto. Vorremmo tenerlo vicino, curarlo noi e quando sarà pronto, con lui, i medici e l’agente fare la cosa migliore per lui».

Ha chiesto la conferma del pacchetto lunghi in toto. Perché?

«Fantoni ha fatto 20 anni in serie A, dovrà solo riposizionarsi ma è mentalmente duro, ci darà una mano enorme. Fratto ha già fatto l’A2 a Chiusi in un percorso che somiglia a questo, da neopromosso tutti dicevano che non poteva farla e invece l’ha fatta molto bene. A livello morale e di leaderhisp entrambi non li scopro io».

Buca è di nuovo una scommessa.

«Non gli si chiederanno cose dell’altro mondo, ma nei minuti che avrà di essere impattante vista la sua fisicità. Ad onta dell’inesperienza sarà ancora in un reparto di grande esperienza. Anche l’americano che cerchiamo compatibilmente col budget ci darà sicurezza».

L’altro debuttante è Bargnesi, che a lei piace molto.

«Per la prima volta da quando è in Libertas può fare il guastatore dalla panchina, che entra e senza grosse responsabilità diventa performante».
 

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