Accusato di stupro, parla Mattia Lucarelli: «Sarei rimasto a vita nel Livorno Calcio, ho scoperto dal Tirreno che non ero confermato»
Il figlio del bomber Cristiano parla per la prima volta, ma solo di calcio e svela la delusione. «Sento dentro di me di lasciare a metà un percorso, spero che sia solo un arrivederci»
LIVORNO. Diciannove presenze, per un totale di 957 minuti e due gol. Un anno fa, di questi tempi, Mattia Lucarelli è riuscito a coronare il suo sogno di vestire quella maglia amaranto che indossava quando entrava in campo da bambino, come “mascotte”, insieme a babbo Cristiano.
Stagione intensa e difficile. Da una parte il campo, dall'altra le vicissitudini passate negli ultimi mesi che lo vedono indagato nell’inchiesta per presunta violenza sessuale.
Ma Mattia parla solo di calcio partendo da un bilancio della stagione. «La prima parte senza dubbio è stata la migliore – esordisce il classe 1999 -. La prima stagione nel Livorno, per un livornese, non è mai facile, ma la partenza devo dire che era stata positiva. Ero libero di testa e con la possibilità di pensare solo al calcio, questo non è un aspetto da poco».
Poi l’infortunio con l’Ostia Mare, nel suo periodo migliore.
«Esatto, ero al top come condizione fisica, avevo trovato il secondo gol stagionale e quell’infortunio alla caviglia è stata una vera e propria mazzata. Chi mi ha seguito da vicino lo sa: ogni giorno, nonostante i legamenti sfilacciati e l’edema osseo, provavo ad allenarmi perché volevo rientrare. Non ho rimpianti, ma sono stato fuori tre mesi per infortunio e un mese per le vicende note, mi sarebbe piaciuto giocarmi le mie carte al 100%».
Il ricordo più bello di questa avventura?
«Senza dubbio il gol con il Seravezza. Se devo scegliere un momento, un’emozione è tutto in quella corsa da centometrista per arrivare sotto la Nord. Era il sogno che avevo da bambino».
Con il presidente Esciua invece ha mai parlato?
«Sì, nel giorno in cui fece tutti i colloqui subito dopo il suo arrivo a Livorno. Da lì non l’ho più sentito e devo dire che mi dispiace. Sarebbe bastata una telefonata per dire “Mattia non rientri più nel nostro progetto tecnico”, invece ho scoperto la non riconferma in modo indiretto, leggendo il giornale e parlando con i compagni».
Si aspettava una seconda opportunità?
«Più che una seconda chance, avrei voluto dare continuità alla prima parte di stagione. A Livorno ci sarei rimasto a vita, ma non credo ci sia nemmeno bisogno di dirlo. Basta vedere quello che ho fatto lo scorso anno, quando con la squadra ancora in Eccellenza, decisi di scendere dalla Serie C. Avrei potuto pensare a giocarmi le mie carte nei professionisti, ma Livorno per me non ha categoria».
Si vede che è figlio di Cristiano.
«Esatto (ride, ndr). La mela non cade mai lontana dall’albero».
E ora che fa, ha qualche trattativa?
«Fortunatamente dopo la bella stagione alla Pro Sesto qualche buona referenza me la sono regalata. Ho avuto alcuni contatti con società tra i professionisti, vediamo in queste settimane come si evolverà la situazione».
E il Livorno?
«Ognuno fa le proprie scelte, chi è nel calcio sa come funziona questo mondo e dunque bisogna adeguarsi e andare avanti. Non ho nessun rancore e in cuor mio spero che questo sia solo un arrivederci con la maglia che più amo. Torno nella veste tifoso, come sono sempre stato. Quella, state sicuri, non mi abbandonerà mai».
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