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Calcio: il personaggio

«La maglia, Treviso, i miei derby». Così Protti conquista gli studenti dell’Enriques

di Alessandro Lazzerini
«La maglia, Treviso, i miei derby». Così Protti conquista gli studenti dell’Enriques

Igor ospite in un progetto sul giornalismo con le classi quinte indirizzo Sportivo

08 febbraio 2023
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LIVORNO. Sul diario di scuola i ragazzi dell’Enriques avevano segnato l’appuntamento col pennarello rosso. O magari amaranto. Di certo, in mezzo ai classici compiti e interrogazioni, spiccava l’incontro con Igor Protti. Un’ora di religione, la definirebbero in tanti in città e la realtà non è poi andata così lontana.

L’iniziativa è andata in scena nel contesto di un progetto sul giornalismo sportivo con lezioni del nostro Alessandro Bernini, progetto che vede protagoniste le due classi quinte del Liceo Scientifico con indirizzo sportivo dell’istituto di via della Bassata (coi rispettivi professori Enrico Rinaldi eLuca Giaimo).

Quella frase di Sacchi

Il dg del Livorno ha ripercorso tante delle tappe più importanti della sua carriera. E lo ha fatto catturando l’attenzione dei ragazzi come fosse una calamita. Lo hanno ascoltato con interesse e un pizzico di emozione in un’ora che è volata via. In mezzo agli studenti c’erano tanti giovani promettenti dello sport livornese e anche per questo Protti è partito dall’importanza della passione. «È l’aspetto fondamentale, ci permette di andare oltre i nostri limiti – ha esordito il dg -. Vi racconto un aneddoto: avevo sedici anni e mezzo e giocavo nel Rimini, dove avevo già esordito in prima squadra. Arrigo Sacchi disse ai dirigenti biancorossi che non sarei mai andato oltre la C, e aveva ragione. Perché quello era il mio livello fisico, mentale e tecnico in quel momento. Ma non aveva fatto i conti con la mia forza di volontà, la mia passione e la voglia di migliorare». I traguardi raggiunti da Protti a livello personale sono tanto conosciuti quanto incredibili. Unico calciatore in Italia, insieme a Hubner, ad aver vinto il titolo di capocannoniere in Serie A, B e C.

Il retroscena di Treviso

Nel suo curriculum ci sono piazze altisonanti del nostro calcio come Napoli, Lazio e Bari tanto per dirne alcune, ma il gol più importante della carriera per lui avviene in amaranto. E su quella giornata a Treviso ha raccontato anche un aneddoto mai reso noto fin qui. «Avevo vissuto una settimana difficilissima perché il figlio di mia sorella, a 3 anni, era ricoverato all’ospedale di Padova in condizioni critiche. Avevo la morte nel cuore, ma in qualche modo riuscii a scindere l’aspetto personale da quello sportivo. A fine partita però corsi subito a Padova. Mio nipote ora ha 24 anni e sta benissimo e se ci mettiamo anche quella gioia sportiva senza eguali direi che tutto si è risolto per il meglio».

Le lacrime con la Juve

Una confidenza intima dietro l’altra. Ricordi che si susseguono, emozioni forti ad ascoltare. Com quanto Protti racconta ill 22 maggio 2005, contro la Juve. Una giornata in cui l’Armando Picchi si trasformò in una valle di lacrime. I ragazzi in aula erano nati da appena un anno, ma lo ascoltano senza perdere una parola perché Protti è senza tempo e generazioni. «Fu una giornata di emozioni contrastanti – ricorda Igor -. Ero tornato a Livorno per riportare la squadra in B a distanza di tanti anni e ci ero riuscito. La Serie A era oltre qualsiasi immaginazione e dopo avercela fatta mi ero promesso di smettere quando avrei voluto io, senza bisogno che qualcuno con una pacca sulla spalla mi invitasse a farmi da parte. Ebbi subito la sensazione che una parte cruciale della mia vita stava finendo, ma allo stesso tempo ero sereno per aver dato tutto e ricevuto tanto dal calcio. In più c’era la voglia di aprire un nuovo capitolo con la mia famiglia e i miei figli che a causa del calcio mi ero goduto meno di quanto avrei voluto».

Il rispetto per la maglia

Ancora due aneddoti per spiegare cosa significa per Protti “la maglia”, mentre sullo schermo scorrono le immagini dei suoi gol. «A Bari, prima della stagione in cui divenni capocannoniere il Lecce mi propose tre anni di contratto. Rifiutai e firmai in bianco per il Bari. Non avrei potuto giocare nella squadra rivale e lo stesso vale per la Roma con la Lazio, per il Pisa con il Livorno. Sono fatto così e per me sono sempre state scelte doverose».

Io e Lucarelli

In tema amicizia non può non venir fuori il nome di Cristiano Lucarelli. «Nel 2003 avevo deciso di smettere, ma il suo arrivo a Livorno e la passione dei tifosi nel richiamarmi in campo furono cruciali. Sapevo che con lui avremmo potuto puntare in alto. Ricordo che lo incontrai anni prima in un Atalanta-Napoli. Ci fu una mezza rissa e anche noi c’eravamo finiti in mezzo. Quando ci trovammo davanti lui mi disse “no, Igor, te no. Ti venivo a vedere in curva a Livorno” e insieme ci siamo tolti dalla mischia».

Il padre, i valori, il pallone

Per chiudere l’ennesimo flash dal passato: emozionato e personale. Significativo, per comprendere l’importanza dei sacrifici. «Ero legatissimo a mio padre. Andavamo insieme a caccia e pesca e mi portava sempre lui alle partite. Nel ’78 ci fu il Mondiale in Argentina e uscì il pallone Tango. Lo volevo a tutti i costi. Avevo 11 anni e mio padre mi disse “va bene, te lo compro, ma vieni una settimana con me a lavoro”. Oggi per una cosa del genere si rischia la galera, ma per me fu importantissima. Mio padre faceva il muratore e vidi che tipo di fatica doveva fare per lavorare una settimana e comprarmi il pallone. Gli dissi che avevo capito e il pallone non importava. Da lì ho capito quanta fatica serva per conquistarsi le cose».

L’applauso

Finisce con un lungo applauso dei ragazzi, prima della foto ricordo di gruppo. “Igor, noi seguiamo sempre la squadra, eravamo anche in ritiro”, confidano alcuni. Altri chiedono un selfie e c’è chi porta i saluti dei genitori a cui ha fatto vivere gioie indimenticabili. I bimbi escono dall’aula col sorriso. L’ora di religione è finita. E chissà quanti coetanei pagherebbero per una lezione con un prof così.

 

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