Donna con un doppio utero operata all’ospedale di Livorno: il tipo di patologia e la speranza di maternità riaccesa
La 35enne aveva una rara malformazione che non le consentiva di restare incinta
LIVORNO. Aveva avuto una serie di aborti ripetuti che l’avevano portata a perdere la fiducia in una gravidanza, ma poi – una volta arrivata all’ospedale di Livorno – ecco la diagnosi che per lei ha rappresentato la svolta: aveva un doppio utero e questa rara malformazione congenita le impediva di realizzare il suo sogno di diventare madre.
Ma ora, dopo l’operazione – la prima di questo tipo agli Spedali Riuniti – la donna, una 35enne, potrà finalmente realizzare il suo desiderio di maternità
Un caso su 3mila
All’ospedale di Livorno, infatti, è stato eseguito per la prima volta un intervento di ricostruzione della cavità uterina (metroplastica) su una giovane donna livornese affetta da una rara malformazione congenita chiamata utero didelfo e nota come “doppio utero”. La patologia interessa circa una donna su 3mila e consiste nello sviluppo di due cavità uterine distinte dovute alla mancata fusione dei dotti durante lo sviluppo fetale, che rendono molto complicato portare avanti una gravidanza.
Nessun sintomo
La prima metroplastica livornese è stata portata a termine con successo (la paziente è già stata dimessa) dall’équipe di Ostetricia e Ginecologia diretta dal primario Sergio Abate. Che spiega come in realtà l’utero didelfo non dia alcun sintomo a chi ne è affetto e, per questo, è difficile rendersene conto. «E spesso questa rara patologia congenita non è neppure semplice da individuare durante una classica visita ginecologica – sottolinea il primario – . Il segnale che abbiamo riconosciuto in questo caso è stata la difficoltà, da parte della giovane donna, a portare a termine una gravidanza e con i successivi controlli abbiamo capito che era affetta dalla malformazione».
La modalità
La metroplastica è stata condotta utilizzando le tecniche mininvasive come quella isteroscopica e laparoscopica, che hanno permesso la rimozione del tessuto fibroso responsabile della separazione uterina, migliorando così in modo significativo le possibilità di gravidanza e garantendo al contempo un recupero rapido e senza cicatrici addominali.
«La giovane paziente – prosegue Abate – è già stata dimessa in buone condizioni di salute. Casi di questo tipo sono rari, ma testimoniano come il reparto livornese possa offrire un’opzione chirurgica avanzata per donne affette da gravi malformazioni uterine, migliorando la loro qualità di vita e le prospettive di maternità. Si tratta di un passo importante per la nostra realtà ospedaliera, che conferma la crescita della nostra struttura e la sua capacità di rispondere a bisogni complessi con metodiche innovative e tecniche di ultima generazione a beneficio delle pazienti. A questo proposito mi piace sottolineare come si tratti di un risultato raggiunto grazie a un lavoro di squadra che ha coinvolto diversi professionisti impegnati dalla fase del sospetto della diagnosi fino alla conferma ecografica e isterosopica per poi concludersi con il trattamento chirurgico e la preparazione e gestione della paziente».
Non esiste alcun trattamento, solo l’intervento
Anche perché per questo tipo di rara malformazione presente fin dalla nascita non esiste alcun trattamento. Come detto, l’utero didelfo ha un’incidenza stimata pari a circa lo 0,3 per cento della popolazione femminile o una su 3mila donne, rappresentando l’8 per cento delle malformazioni congenite uterine.
Il traguardo
«Questo traguardo –conclude la direttrice generale dell’Asl Toscana nord ovest, Maria Letizia Casani – è una nuova testimonianza del livello qualitativo raggiunto dall’offerta sanitaria del reparto e dell’ospedale livornese in generale. È il frutto sicuramente degli investimenti messi in campo in questi anni per potenziare le dotazioni tecnologiche, ma anche e soprattutto le risorse umane. Per questo colgo l’occasione per ringraziare il dottor Abate, il suo staff e le tante professionalità sanitarie che stanno dietro a questo risultato che valorizza l’ospedale e offre nuove prospettive di cura alle donne del territorio».
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