“Sfiora, ama, vivi”. A Livorno si scrive il manifesto Mayor Von Frinzius: «Così, per resistere»
Il Goldoni si inchina al nuovo spettacolo della compagnia. Il regista Giannini: «Appagante, da soli non si fa niente. Grazie»
LIVORNO Affacciati al finestrino del treno «è il ritmo delle vicende umane». «La felicità dura un attimo, e ora sto vivendo quell’attimo». «Il mondo è partito, io ti devo portare con me». «Concentrati sulla sofferenza eterna, senza nessuno che ti dica guarirai». «Un uomo cammina dolcemente cercando un lieve contatto col dolore, ma il dolore esplode».
La mitraglia Mayor che strapazza. Che alterna strade assolate a bare e processione a morto coi lumini che dà il via al debutto e voglia di esserci. Sfiorarsi per amarsi. Per respirare. Per desiderare. Per vivere. È un chiaro manifesto dell’esistenza il loro. Quello dei 70 attori pulsanti della Mayor Von Frinzius che debuttano con “Sfiorarsi, perchè toccarsi è complicato” in un Teatro Goldoni-casa accogliente praticamente sold out. «Appagante, commedia dell’arte all’ennesima potenza: avevamo un livello di tensione incredibile, autofertilizzante. Grazie al Goldoni, la nostra casa accogliente e magica: da soli non si fa niente», così Lamberto Giannini il deus ex machina della compagnia teatrale che abbraccia. Contamina. Include. Lui alla regia insieme a Rachele Casali, Silvia Angiolini e Allegra Sartoni. Uno spettacolo quest’anno dedicato in senso lato alla pace. «Un bisogno urgente come respirare: la pace si fa se non ci sono armi», ribadisce Giannini. Tra il pubblico il neo direttore del Goldoni, Massimiliano Mautone «felicissimo di essere qui». Così Fabrizio Mannari, Castagneto Banca 1910.
La scenografia “spacca”. Risucchia. Sfiora. Si ispira alle memorie dell’isola del Giglio e del rione Garibaldi. Con finestre simboliche che sfiorano - anche loro - le vite immaginarie di un dentro ipotetico. Pur restando fuori. “Su questo palco mi sono messa in gioco, mi sono incazzata, mi sono innamorata. Su questo palco ho smesso di respirare. Su questo palco sono diventata Mayor. Sono qui e non potrei essere altrove. Sono qui a muovermi con voi, a guidare i vostri passi. Sono qui a dirvi che non può finire, che vi appartengo Siamo Mayor, va bene non respirare, va bene non capire niente, appena salirai sul palco riuscirai a riempire i polmoni. Va bene così perché siamo Mayor e lo abbiamo scelto”.
I Mayor non vanno capiti. Vanno vissuti. Come ha fatto il pubblico. Come hanno fatto i singoli attori, che diventano personaggi di una narrazione-commedia dell’arte. Si ringrazia il maestro Pier Paolo Pasolini, il grande ispiratore. Anche lui dentro l’immagine-scenografia. Si ricorda anche Nicola Cannone, un attore poeta Mayor che non c’è più. Ci si immagina come lui avrebbe vissuto tutto questo. Sul palco si balla. Ognuno la sua danza. «Ora andiamo di moda, i registi fanno a gara per fare spettacoli con noi, ma passerà. E noi rimarremo da soli, col nostro dramma. Lasciateci vivere».
Si narra. Si parla. Si urla. Si carezza l’animo e si colpisce lo stomaco. «Dissacrare, pungere, elevarsi sopra alla "brutta vita" per prendere il sole e le stelle che avete regalato alla vostra platea», commenta emozionata nel pubblico Stefania d’Echabur. Il Goldoni si emoziona. Arriva Giacomo-Trump: «Hanno reazioni simili il nostro attore e il capo dell’America, fanno quello che vogliono, solo che Trump governa il mondo». C’è Giulia con la sua grande capacità di fantasticare che diventa Louise Veronica Ciccone in arte Madonna. E ancora l’impellicciato Visconti. E Chico, lo sterminatore dei disabili. La musica pulsa. Come la vita. l