La misura
Livorno, uccisa in bici a 72 anni: sequestrato un furgone
I rilievi della polizia municipale all’incrocio fra via Mastacchi e via Magnozzi (foto Franco Silvi), Lucia Battaglini
La polizia municipale ha rintracciato il camioncino edile: sarebbe quello guidato dall’uomo che ha investito la donna
LIVORNO. Svolta nell’inchiesta sull’omicidio di Lucia Battaglini, l’ex dipendente comunale di 72 anni falciata dall’autista di un furgone mentre era in bici all’incrocio fra via Mastacchi e via Pera il 29 luglio scorso e poi morta in ospedale dopo dieci giorni di agonia. La polizia municipale, infatti, ha sequestrato un camioncino: potrebbe essere il mezzo investitore di “Pallina”, questo il soprannome da giovane dell’ex militante di Lotta continua, che a palazzo civico negli anni Settanta lavorava nell’allora ufficio municipalizzate e decentrate di via Pollastrini.
Cosa sappiamo
Gli agenti delle sezioni specializzate della polizia locale, grazie alle immagini delle telecamere nelle vicinanze del luogo della tragedia e alla conoscenza del territorio, hanno rintracciato il probabile mezzo “pirata” e ora, sul furgone utilizzato per i trasporti edili, sono in corso ulteriori accertamenti. Al momento non si sa chi ci fosse alla guida, non per forza il proprietario. Anzi, forse un’altra persona: il conducente, se sarà rintracciato, verrà indagato per omicidio stradale.
Le indagini
Le indagini vanno avanti a tutto campo: i video delle telecamere pubbliche e private sono stati già raccolti e visionati, le testimonianze di chi ha assistito all’incidente acquisite, anche se nessuno ricordava il numero di targa del mezzo. Tutti, in modo univoco, hanno raccontato di aver notato un furgone col cassone argentato, di quelli per il trasporto di materiale edile, e di averlo visto fuggire dopo l’impatto con la mountain bike in sella alla quale c’era la donna. Erano le 7,45 di mattina: “Pallina”, che abitava in via Paolo Vannucci (zona Fabbricotti), stava probabilmente andando a fare la spesa (sulla “due ruote” c’erano infatti dei grossi borsoni) nel quartiere di San Marco o in quello di Shangai, in rioni molto lontani da casa sua. Battaglini era comunque una persona che amava girare la città con la sua bici, spostandosi anche di diversi chilometri.
Chi era la vittima
Una donna che «negli Settanta lottava per dare voce agli ultimi e agli sfruttati», così l’ha ricordata al Tirreno l’amico Marco Solimano, ex consigliere comunale, storico presidente dell’Arci labronica e attualmente garante livornese dei detenuti. «L’ho conosciuta negli anni giovanili, ribelle, alla ricerca di ideali, di nuova giustizia. Insieme a babbo Gino l’abbiamo cercata per due giorni – è invece il ricordo di don Paolo Razzauti, vicario episcopale per la città – poi la notizia, ma ha ancora combattuto, passando da una parte all’altra dell’Italia. È tornata, con i suoi ideali, ma segnata da ciò che aveva subito. Negli ultimi anni, dopo la morte del babbo, l’avevo persa di vista, ma è sempre rimasta nella mia memoria. La sua morte mi ha colpito: ancora una volta è stata vittima della prepotenza, della fuga, dell’indifferenza. Lucia, certamente sei vicina a babbo e mamma, perché chi soffre non può che essere tra gli eletti del Signore Gesù. Continua a lottare e da parte mia, non ti dimenticherò».
La denuncia
I suoi familiari – la sorella Fabiola Battaglini e il cognato Orlando Orsili – si sono affidati all’avvocato Lorenzo Mini, che nei giorni scorsi attraverso Il Tirreno ha anche fatto un appello all’investitore, chiedendo di mettersi una mano sul cuore e costituirsi alla municipale. Nel frattempo, per ottenere giustizia, i parenti più prossimi hanno fatto denuncia al Fondo di garanzia per le vittime della strada, visto che per ora il responsabile della tragedia non è stato individuato e, quindi, si tratta di un omicidio stradale provocato da una persona sconosciuta (e a pagare il risarcimento, nei limiti delle risorse pubbliche disponibili, dovrà essere lo Stato).
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