Il Tirreno

Livorno

Scuola e polemiche: la storia

Livorno, prof senza stipendio da tre mesi: «Sono più precaria dei precari»

di Martina Trivigno
Studenti in classe (foto d’archivio)
Studenti in classe (foto d’archivio)

L’insegnante lavora come supplente breve e saltuaria: «Ho un figlio piccolo e un mutuo da pagare: così la nostra vita è impossibile»

02 settembre 2024
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LIVORNO. «Sono più precaria dei precari: da mesi aspetto di ricevere lo stipendio di giugno. È davvero difficile andare avanti così». Annacarla Dell’Erba, 44 anni, è originaria di Bologna ma da 12 anni vive a Livorno. Lei fa parte del gruppo delle supplenti brevi e saltuarie: insegna alla scuola dell’infanzia e, per contratto (a termine), copre posti vacanti per un periodo superiore, pari o inferiore a 30 giorni. La sua storia – racconta – è simile a quella di tanti colleghi che fanno parte del mondo della scuola. «Ma noi, i supplenti precari e saltuari, siamo l’ultimo anello della catena. Dimenticati o comunque bistrattati – sottolinea l’insegnante –. Non è difficile da capire visto che devo ancora ricevere lo stipendio di giugno, il Tfr (Trattamento di fine rapporto, ndr) e le altre rate della disoccupazione».

La storia

Dell’Erba ha voluto seguire l’esempio della madre, anche lei per 40 anni insegnante alla scuola dell’infanzia. «Solo che lei alla pensione ci è arrivata», sottolinea. Prima ha iniziato con le supplenze, poi si è iscritta all’università e sì è laureata in Scienze dell’educazione: nel 2003 comincia a lavorare con il Comune di Bologna. Poi, nel 2012, il trasferimento a Livorno. «Da qui è iniziato il percorso a ostacoli – sottolinea –. Innanzitutto perché ho dovuto aspettare l’aggiornamento della graduatoria statale, poi ho ripreso a lavorare fino al 2016, anno in cui sono rimasta incinta di mio figlio». E quando ha ripreso a lavorare, tutto è ricominciato come prima: la speranza di un incarico, l’incertezza quotidiana, l’ansia per il termine di una supplenza con l’incognita della prossima. Così Dell’Erba ha tentato anche il concorso per ottenere la tanto agognata immissione un ruolo che per lei, come per tanti altri colleghi, significherebbe prima di tutto stabilità. Lavorativa e dunque economica.

Il concorso

«Speravo proprio di vincerlo per uscire dal precariato perché non ne posso più, ma non è andata bene – sottolinea Dell’Erba –. Dispiace la grande disparità di trattamento rispetto ai colleghi di ruolo che, a differenza nostra, ricevono lo stipendio con regolarità». Anche perché – aggiunge Dell’Erba – molte delle insegnanti precarie sono madri di famiglia. «Io stessa ho un figlio piccolo e posso assicurare che mamma e precaria è un binomio molto difficile da sostenere al giorno d’oggi con i costi della vita molto elevati – racconta – . E quando viene assegnata una supplenza lunga, ci possiamo pure organizzare, altrimenti è complicato. Io, ad esempio, a Livorno sono da sola con il mio compagno, che per fortuna lavora, mentre i miei genitori sono rimasti a Bologna: è capitato di dover chiamare anche la babysitter, spendendo, nel mio caso anticipando, altri soldi. Non è più sostenibile».

L’appello

Quello di Annacarla Dell’Erba è un grido di aiuto rivolto al ministero dell’Istruzione e del Merito perché consideri anche loro, i supplenti brevi e saltuari. «Facciamo lo stesso lavoro dei colleghi di ruolo, anche se per poco tempo – aggiunge – . Ritengo che il sistema del precariato vada rivisto. Io, ad esempio, lavoro da tanti anni e non ha alcun senso sottoporci a un concorso dietro l’altro: se da tempo siamo a contatto con i bambini, se non siamo stati destituiti dal servizio, allora significa che siamo in grado di svolgere questa professione. Chiediamo di introdurre l’anno di prova e chi non lo supera allora è fuori da sistema scolastico. Ma dobbiamo trovare il modo di porre fine alla piaga del precariato».

Soprattutto perché – sottolinea l’insegnante – sostenere i costi della vita diventa sempre più difficile. «Ho un mutuo da pagare in aggiunta a tutte le altre spese – conclude Dell’Erba – . Adesso desidererei soltanto diventare di ruolo. Altrimenti il precariato sarà per me e la mia famiglia un incubo senza fine».

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