A Livorno 49 anni fa l’incontro segreto Berlinguer-Carrillo tra via San Francesco e via Piave: «Ecco come andò»
Era l’11 luglio del 1975 i leader comunisti italiano e spagnolo dovevano vedersi alla sezione del Pci Centro, ma non c’erano le chiavi
LIVORNO. Immaginate in quel giorno di luglio del 1975 di incontrare un amico che vi confidasse di aver visto poco prima Enrico Berlinguer e Santiago Carrillo (storico segretario del Pce, il partito comunista spagnolo) discutere di politica in via san Francesco vicino all’angolo con via Piave, diciamo accanto al circolo dei postetelegrafonici. Avreste immediatamente pensato a una insolazione del tipo. E invece avrebbe potuto aver ragione: «Circa due giorni dopo, ovvero l’11 luglio del 1975, ebbe luogo in Piazza della Repubblica il comizio con il quale Berlinguer e Carrillo lanciarono all’Italia e all’Europa il manifesto dell’eurocomunismo- racconta Maurizio Paolini, una vita nel Pci, vice presidente della fondazione Enrico Berlinguer e figlio di quell’Eddo, economo del partito e custode di molti segreti di piazza della Repubblica (dove la storica federazione Pci aveva sede) - ovvero un comunismo dal volto umano che si differenziasse dal modello sovietico». Assente giustificato il segretario del Pc francese Georges Marchais anch’egli aderente al nuovo corso. La piazza piena come non mai, via Grande e via De Larderel intasate rispettivamente sino al Duomo e al Cisternone. «Ma se quel giorno è passato alla storia nessuno, tranne pochi, sono a conoscenza di un fatto curioso avvenuto un paio di giorni prima di quell’11 luglio: i due leader, comizio a parte, sentivano la necessità di avere un confronto diretto per discutere del progetto europeo. Ci voleva un posto tranquillo tenendo pure conto di come Carrillo, in esilio dalla Spagna ancora, seppur per poco, franchista, avrebbe potuto costituire un bersaglio da parte di qualche mandante iberico. Fu individuata come luogo adatto per l’incontro la sezione comunista Centro in via San Francesco.
L’appuntamento
All’ora convenuta i due leader, con al seguito gli uomini del "servizio segreto" delle Botteghe Oscure più alcuni fidati militanti locali e la scorta comunque affidata ai due dalla polizia e dai carabinieri, arrivarono sul posto con la via interessata e via Piave chiuse al traffico per tutelare il segreto evento. Ma che succede? L’imprevedibile: - racconta sempre Paolini - :«Ovvero che il segretario della sezione Luigi Pini, già ufficiale della polizia municipale e consigliere provinciale, si scorda le chiavi dei locali ed è costretto a correre a casa per rimediare». Con il risultato che per un quarto d’ora Berlinguer e Carrillo si trovarono a parlare del dopo Mosca all’angolo tra via San Francesco e via Piave. Il "colpevole" Luigi Pini ammette tutto «anche se parlare di un quarto d’ora è esagerato- precisa- saranno stati sì e no cinque minuti».
Le vacanze
Peraltro Pini è stato pure uno degli "angeli custodi" del segretario comunista nelle celebri vacanze a Procchio con la famiglia e veloce ci racconta tre ricordi: il giorno in cui una delle figlie di Berlinguer si dileguò con il fidanzatino per un paio di giorni senza dare notizia, poi quando a dileguarsi fu lo stesso Enrico, stanco della guardia stretta della scorta, e se ne andò in bus a Portoferraio lasciando nello sconforto i compagni accusati di "aver perso Berlinguer". Infine di quella volta che i carabinieri, anch’essi di scorta, fecero fuoco verso la pineta confinante con la casa, dopo aver sentito dei rumori e aver intimato verso il bosco di venire allo scoperto senza successo. E un povero cinghiale, reo di aver fatto confusione, finì dopo alcuni giorni sulla tavola degli uomini della scorta, tavola sempre condivisa con l’uomo politico e famiglia. Carrillo a TirreniaMa tornando a Carrillo e del mese di vacanze che il leader spagnolo visse a Tirrenia nella stessa estate del comizio (periodo di cui si è parlato pure in occasione della scomparsa di Gigi Vanni, un altro dei "protettori", e più dettagliatamente nella pubblicazione "Berlinguer a Livorno" (a cura di Maurizio Mini e Mauro Nocchi) Paolini aggiunge un ricordo personale. Facendo delle soste, colto dai ricordo e dalla commozione. «Carrillo sostò nella stessa villetta nel centro di Tirrenia nella quale passò la settimana prima pure la famiglia di Beringuer prima di partire per l’Elba. Sapete come lo conobbi? Arrivando a casa mia, io, poco più adolescente, e non trovando mia madre. "Mamma?", chiesi a mio padre. Fu vago. Alle mie insistenze mi portarono nella villetta (di proprietà dell’imprenditore Alfredo Quaglierini ndr) di Tirrenia nella quale scoprii come mia madre fosse stata "arruolata" da mio padre, che con altri gestiva la vacanza del leader spagnolo a Tirrenia, come "tata" della famiglia Carrillo. Conobbi l’uomo, un gigante della politica, persona estremamente umile. Mischiato tra i compagni della scorta andava al mare all’Imperiale e tirava pure qualche calcio al pallone sulla spiaggia. Sempre con l’immancabile sigaro in bocca».
La crociera comunista
Ma mentre la signora Paolini accudiva la famiglia spagnola, il padre di Maurizio doveva tenere fede a una promessa fatta al figlio ovvero portarlo in crociera tramite l’Italturist (ovvero l’Alpitour comunista) verso la Spagna, ovviamente con la Motonave Ivan Franko, una love boat sovietica per le vacanze "di sinistra". «Arrivai dopo sbarcato sino a Siviglia e in una piazza vicino al porto trovai dei grandi platani che mi ricordavano un po’quelli di piazza XX settembre. Di questi raccolsi alcuni frutti ovvero quelle "palle" con il lungo stelo. Avevo un’idea in testa. Poi a Cadice un momento emozionante. Con il favore delle tenebre alcune centinaia di "gaditanos" (gli abitanti di Cadice ndr) si riunirono di fronte alla nave, che ovviamente esponeva la bandiera con la falce e il martello, e intonarono a bassa voce L’Internazionale». Ma torniamo ai frutti del platano.«Quando tornai a Tirrenia le regalai a Carrillo il quale le annusò come un ricordo del proprio paese e pianse. E io con lui». Ha più visto Carrillo? «No. Provai a telefonargli giorni dopo il tentato golpe del generale Antonio Tejero ma rispose la moglie che mi rassicurò sulla situazione e mi invitò a venire in Spagna. Ma non si sono mai andato. Chissà se ha conservato quei fiori di platano».