Lido di Camaiore
L'ex direttore del carcere: «Gorgona ideale per i detenuti e il turismo ne può beneficiare»
Carlo Mazzerbo è stato a lungo a capo del penitenziario dell'isola e di quello di Livorno: «Loro guide perfette per i vacanzieri»
LIVORNO. «Gorgona è un progetto di reinserimento sociale che funziona, una colonia penale agricola che andrebbe però adeguata ai cambiamenti della società. Oggi c’è la possibilità, per i turisti, di seguire i detenuti nelle loro attività quotidiane. Non solo andando in giro con una guida ambientale, ma anche insieme a un ospite dell’isola. Possono vivere un’esperienza diretta, si chiamano visite sociali e bisognerebbe incentivarle, integrandole col territorio. Per molti, Gorgona, è un mondo sconosciuto: non è solo un paradiso naturalistico».
A parlare è Carlo Mazzerbo, fino a pochi mesi fa direttore delle carceri di Livorno e Gorgona, dove due anni fa ha accolto anche l’ex ministra della Giustizia Marta Cartabia, e in passato anche al timone dei penitenziari di Porto Azzurro, e quindi Pianosa, e Massa Marittima. Oggi, in pensione, è entrato in politica, candidandosi in consiglio comunale a Livorno con la lista “Prospettiva Livorno” a sostegno di Valentina Barale.
Mazzerbo, Gorgona in quanto a rieducazione dei detenuti è definita un modello.
«Lo è: qui gli ospiti imparano a svolgere un mestiere prima di riacquistare la libertà. Basta analizzare il tasso di recidiva: due persone su tre dopo non tornano più in carcere. È una percentuale altissima, inarrivabile altrove».
Lei è rimasto in contatto con qualche detenuto?
«Mi capita di incontrarne a Livorno, alcuni sono stati assunti da un’azienda edile. Un altro signore, qualche settimana fa, mi ha salutato con il motorino in via Grande. Altri, pur avendo riacquistato la libertà, ricordano con piacere il periodo trascorso sull’isola, qualcosa che deve farci riflettere sull’efficacia dell’isola-carcere».
Come si può conciliare il turismo con una colonia penale agricola?
«La colonia penale agricola va adeguata ai tempi, integrandola con il territorio. Prima le persone che venivano a Gorgona i detenuti non potevano nemmeno vederli da lontano, ora invece possono parlarci e seguirli nelle loro attività giornaliere. È un luogo sicuro per i turisti e prima non era affatto scontato che lo fosse, mi piace ricordarlo, perché è una nostra conquista. Chi viene qui in visita ha la possibilità di riflettere sul mondo che vede: persone che nel rispetto della legge scontano una pena che punta sulla rieducazione e sul loro recupero».
A Gorgona si impara un mestiere.
«Nelle isole-carcere, in generale, si impara questo. In un momento storico in cui c’è tanto bisogno di manodopera i detenuti possono apprendere a lavorare come muratori o ad esempio come cuochi, baristi o camerieri Ma il mondo è cambiato e, lo ripeto, bisognerebbe fare di luoghi come Gorgona basi per la formazione professionale, così chi vuole riscattarsi può giocarsi questa carta. Per fare il manovale, ad esempio, servono nozioni nuove, prima magari meno importanti. La colonia penale deve tenerne conto».
Lei è a favore delle carceri sulle isole?
«Certo: il bassissimo tasso di recidiva lo conferma. Merito soprattutto di poliziotti, psicologi, educatori e operatori in generale, che con i detenuti svolgono un grande lavoro. Andrebbero remunerati meglio e si dovrebbero garantire loro collegamenti veloci con la terraferma, dato che sono giovani che rinunciano ad alcuni piaceri della vita per vivere e lavorare in un’isola. Inoltre, lavorando a Gorgona, fanno un’esperienza che in futuro potrà essere utile in altre carceri italiane. Per questo sono a favore delle isole-carcere».
A Pianosa lei lo avrebbe riaperto il penitenziario?
«Pianosa è l’esempio del fallimento dello Stato: poco prima della chiusura del penitenziario sono stati spesi 30 miliardi di lire per il 41-bis e per opere, inutili dato che è stato chiuso dopo pochi mesi, come la caserma Bombardi. L’isola ha tanti vantaggi, l’elettricità e il molo per le grandi navi ad esempio, quindi potrebbe essere utilizzata come carcere aperto, una seconda Gorgona per recuperare le persone. L’amministrazione secondo me ha perso la possibilità di valorizzarla. Oggi, senza le isole-carcere, molti detenuti in Italia non nutrono più la speranza di arrivarci, perché per loro sono luoghi ambiti, attraverso la buona condotta».