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Il conte della Gherardesca innamorato di Livorno: «Lungomare spettacolo»

di Federico Lazzotti

	Il conte Gaddo della Gherardesca
Il conte Gaddo della Gherardesca

Un messaggio indirizzato al direttore del Tirreno: «La città mi è apparsa pulita e restaurata, voglio attribuire il merito all’intera cittadinanza»

29 aprile 2024
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LIVORNO. «Caro direttore, nella lamentazione quotidiana che affligge i nostri tempi, capita ogni tanto di poter dichiarare un po’ di soddisfazione. È quello che mi è capitato di provare nella mia sosta a Livorno». Comincia con questo messaggio indirizzato al direttore del Tirreno la dichiarazione d’amore del conte Gaddo della Gherardesca, imprenditore, signore di Bolgheri e discendente di Ugolino, per Livorno. «Pur essendo di origine pisana – dice, mettendo le mani avanti – adoro la città». Poi aggiunge: «Livorno mi è sempre piaciuta, ma sin dai tempi dell’Accademia, nel 1974, la vedevo sciatta e trasandata con molte zone da sistemare. Domenica, invece, mi è apparsa pulita, allegra e restaurata. Il lungomare, se si esclude l’immobile accanto all’Hotel Palazzo, è uno spettacolo. Non so di chi sia il merito ma voglio attribuirlo all’intera cittadinanza che ha saputo far fare alla propria città un’importante scatto in avanti»

Conte, perché era a Livorno?

«Sono un sentimentale e spesso torno nei luoghi a cui sono affezionato. Sono venuto a pranzo a “La Parmigiana”, ristorante che per me è un’icona del buon gusto e dove vado dagli anni Settanta. Poi ho fatto un giro sul lungomare».

Cosa l’ha colpita di più?

«Il lungomare tutto restaurato. A Porta a Mare è stato fatto un lavoro magnifico: il parcheggio interrato di facilissimo utilizzo, la pulizia. Ho 74 anni, e ricordo mio padre quando mi raccontava che i bombardamenti di Livorno durante la guerra rompevano i vetri di villa Emilia a Castagneto da quanto erano potenti».

Come inizia il suo rapporto con Livorno?

«Ho fatto il militare come ufficiale di complemento in Capitaneria di Porto: sono stato qui dall’ottobre 1974 al marzo dell’anno successivo. Ricordo che dormivo a Fauglia e frequentavo il ristorante l’Antico Moro, un luogo iconico della città. È stato un periodo bellissimo, nonostante le privazioni».

Nel turismo Livorno ha fatto passi avanti ma deve ancora fare molto per arrivare ai numeri della Versilia. Che consigli darebbe alla città?

«Avrei voluto regalare alla città il restauro delle Terme del Corallo, un luogo meraviglioso. Mi dicono che finalmente c’è il progetto per farlo, abbattendo quell’obbrobrio (il termine è più colorito ndr) di cavalcavia. Livorno si merita interventi di valore come questo».

Bolgheri con il vino e più in generale l’enogastronomia in 30 anni è diventato simbolo di bello e di buono. Quale può essere la ricetta di Livorno?

«Livorno è stata la prima città multietnica, è nel suo dna. È stata estrema: qui è nato il partito comunista anche se era pieno di fascisti. Il suo segreto è nel porto che è fatto per arrivare e partire. E poi a piatti che non trovi da nessuna parte. Vado pazzo per le triglie alla livornese e il cacciucco magari accompagnato con un vermentino di Bolgheri».

È vero che si è messo a fare il vino in prima persona?

«Certo, il 15 maggio presentiamo a Castagneto quattro nuovi vini».
 

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