Il campione, la Porsche e la modella: addio a Francesca Fusco, moglie di Armando Picchi
Livorno, si è spenta a 80 anni: segnata dal dolore per la scomparsa prematura del marito. Il capitano dell’Inter la vide su una pubblicità e fu colpo di fulmine
LIVORNO. Ora, lassù, Armando Picchi potrà riabbracciare il grande amore della sua breve vita: la moglie Francesca Fusco, all'età di 80 anni, è volata in cielo ieri, confortata dall'affetto e le attenzioni dei figli Gianmarco e Leo e della sorella Giusy. Francesca si è spenta nella stanzetta di una casa di cura a Boccadasse, un antico borgo marinaro del comune di Genova, da dove vedeva la chiesetta e il porticciolo e dove "si ha l'impressione di ritornare fra le braccia d'una madre...", come ha scritto Edoardo Firpo, nella celebre poesia. Francesca era malata da tempo: prima una caduta nel periodo del Covid, poi si era fatto avanti l'Alzheimer, ed era stata colta anche da un ictus. In realtà la moglie di Armandino per l'anagrafe era Maria, ma in casa l'avevano sempre chiamata Franca, nome che a lei non piaceva. E quando iniziò a lavorare come modella per la rivista Grazia, le misero nome Francesca, ne fu felice e non se n'è più distaccata.
Segnata dal dolore
Con la prematura morte di Armando, strappato alla vita da un tumore osseo ad appena 36 anni (26 maggio 1971) quando era stato da poco nominato allenatore della Juventus di Capello, Bettega e Causio - dopo aver vinto scudetti, Coppa Campioni e Intercontinentale nell'Inter - la signora Fusco, già lontana dal mondo della moda, scivolò in una profonda depressione e trascorse anni terribili, chiusa in casa. «Io la mattina le portavo la colazione a letto e mamma non voleva neppure che accendessi la luce tanto era preda del suo profondo dolore», ci racconta Leo, 55 anni, il più grande dei fratelli. L'altro, Gianmarco, nato nel 1970, praticamente non ha neppure conosciuto suo padre, deceduto quando aveva pochi mesi.
La storia dei nomi
Armando, nato a Livorno e cresciuto a Vada, chiamò Leo nel ricordo del fratello (ex calciatore del Torino, dopo la tragedia di Superga 1949) uomo equilibrato e colto che gli aveva fatto da padre e consigliato sia nel calcio - già quando si affermò nel Livorno - che nella vita. Leo per vent'anni è stato addetto stampa e capo ufficio stampa dell'Inter e adesso svolge il ruolo di editorial project manager nerazzurro, cura progetti editoriali e la conservazione del patrimonio storico del club. Gianmarco fu chiamato così per un segno di affetto e riconoscenza nei confronti di Angelo Moratti, presidente della Grande Inter di Herrera, che aveva battezzato così suo figlio, oltre a Massimo, poi altro indimenticabile presidente nerazzurro. Gianmarco, da anni è un affermato costruttore edile di Genova ed è quello che ha avuto la possibilità di stare più vicino alla madre, ma Leo raggiungeva Pegli da Milano ogni fine settimana.
I nonni come genitori
«I genitori - raccontano i fratelli Picchi - ce li hanno fatti i nostri splendidi nonni materni, Augusto e Antonietta. Dopo la morte di babbo ci trasferimmo in casa loro a Pegli e lì siamo cresciuti, convivendo con il malessere di nostra madre che nonostante tutto ci ha donato affetto e attenzioni».
Leo ha solo un ricordo un po’ sfumato di Armando: «Vedo il corridoio di casa nostra mentre mio padre sorridente mi lancia una palla di pezza che colpisco forte e lui che urla "bravo!"».
Francesca e il cartellone
La storia d'amore tra Armando e Francesca, una donna bellissima, è tutta da raccontare. Un giorno del settembre 1967 mentre il capitano dell'Inter sfreccia con la sua Porsche sulla strada che porta ad Appiano Gentile per allenarsi, resta impressionato da un enorme cartellone pubblicitario al centro dei quale c'è una splendida ragazza, elegante nel suo vestito rosa, con un cappello che mette in risalto lineamenti delicati, occhi neri stupendi e un sorriso ammaliante. «Il giorno dopo - racconta Leo - mio padre telefona al settimanale Grazia e alla fine riesce ad avere il numero di telefono dei genitori di mia madre».
Folle corsa in Porsche
Armandino, telefonicamente, si presentò ma i genitori di Francesca e lei stessa non sapevano niente né di calcio né di Inter. Passano alcuni giorni e siccome la ragazza, tramite la sorella Giusy, si negava, Picchi prese coraggio. Racconta Leo: «Babbo partì in Porsche da Livorno ed arrivò a Pegli in un tempo da record (è risaputo che Armando in auto era uno dal piede pesante, ndr), anche se allora non c'era l'autostrada.
Altro che zoppo
Ma quando uscì dalla vettura zoppicò, camminò rattrappito per i primi metri. Cosicché in miei nonni esclamarono: «Francesca, ma questo è zoppo...». Sorride Leo al ricordo: «Però in quel momento per la strada passò un signore che tra l'altro tifava per il Milan, che a voce alta disse: "Ma quello è Picchi! E' il capitano dell'Inter! Altro che zoppo, ce l'avessimo noi...».
Per sempre nel cuore
Leo e Gianmarco sapevano da tempo che la loro madre si stava spegnendo, seppur serenamente. Leo si commuove e ci consegna questa frase, che fa parte di un discorso che farà dinanzi al feretro. "Addio mamma, ti affido a Dio Padre e a mio padre Armando, con tutto l'amore che terrenamente forse non ti ho potuto dimostrare come avrei voluto ma che ora custodisco nel luogo più intimo e profondo del mio cuore e che da oggi, prenderà nuova vita ogni sera nel momento della preghiera". I funerali si terranno domani, sabato, alle ore 14,30 a Genova.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
.