Il Tirreno

Livorno

I nostri tesori ritrovati

Livorno, Villa Rodocanacchi e la scoperta della storica centrale elettrica nel parco secolare. Pera: «Ecco come funzionava»

di Francesca Suggi
Livorno, Villa Rodocanacchi e la scoperta della storica centrale elettrica nel parco secolare.  Pera: «Ecco come funzionava»

Le vie dell’acqua e il mondo sommerso di Monterotondo tra cunicoli e gallerie, il racconto dei volontari Reset: "Una meraviglia idraulica"

10 febbraio 2024
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LIVORNO Le vie dell’acqua. Che riportano a galla, a distanza di secoli, un mondo sommerso e inatteso. A Monterotondo. Nel parco di Villa Rodocanacchi. A bocca aperta restano i geologi del Genio Civile con Francesca Finocchiaro e l’ingegnere idraulico Marco Daddi. Questa volta a riemergere dal passato di una Belle Epoque livornese famosa e frequentata da letterati inglesi e facoltosi mercanti greci sono stanze, cunicoli, gallerie di tre metri comandate da paratoie, guide ricavate nella roccia che servivano per “chiudere” l’acqua, vasche, tubazioni, vecchie paratie, valvole. E un pozzo-cisterna profondo 6,5 metri con 1,5 metri di acqua.

Tutto fa pensare che quell’edificio nel bosco con le sue vasche di marmo all’interno (oggi ne è rimasta solo una), per tanti una casa termale, in realtà fosse prima la centrale elettrica che alimentava la Villa e la rendeva indipendente, poi la casa del custode. «Qui un tempo si produceva energia: ci sono valvole che potevano servire a dare all’acqua una certa potenza, si vedono le basi di attrezzature meccaniche, poi all’esterno c’è un palo elettrico con isolatori per una media potenza della Richard Ginori», afferma il presidente Reset Giuseppe Pera.

A mo’ di Indiana Jones, i volontari che da mesi stanno meravigliando la città con i tesori settecenteschi riportati alla luce nel parco storico ne combinano un’altra delle loro. Con i geologi non si fermano alle apparenze, l’esperienza e la curiosità li spinge a cercare. Seguendo le tubazioni. A frugare in quel passato, guidati da libri del tempo e soprattutto da tecnici specializzati. Così nella zona del laghetto ad essere scandagliate sono le altre due gallerie verso il Botro del Mulino.

Che portavano l’acqua al laghetto oggi asciutto, che ha al centro il suo isolotto che un tempo veniva raggiunto in barca, partendo dai due imbarcaderi. E l’acqua arrivava grazie a quel mondo sommerso che sta tornando in vita. Per raccontare una storia fatta di sangue blu, di bellezze culturali e di preziosi sistemi idraulici che ancora oggi sono là sotto. E poi c’è quell’edificio nel bosco. «Quello fino ai primissimi del ’900 era una centrale elettrica: i Rodocanacchi portavano l’acqua dal fiume per riempire il lago, poi costruirono uno sbarramento in cemento armato con tubazioni attaccate a una valvola e tramite un tubicino più piccolo l’acqua veniva indirizzata a una turbina che alimentava generatori per produrre corrente per la villa - Pera racconta come funzionava, alla luce di tutti i ritrovamenti fatti in queste ore - Poi quest’acqua non veniva scaricata nel botro, ma tramite altre tubazioni veniva raccolta nella grande cisterna». Poi la centrale elettrica fu dismessa e diventò la casa del custode del parco. «Abbiamo aperto un tombino e ci siamo trovati davanti a scalette che vanno giù, sicuramente per controllare il livello dell’acqua. Dalle gallerie che un tempo portavano l’acqua al laghetto ed erano sommerse, all’edificio c’è una sorta di piano mezzanino con tante stanze che danno sul botro, collegate alla casa». Poi ecco un’altra scoperta. «A un certo punto abbiamo visto un grande sasso. Lo abbiamo spostato e sotto si è aperta davanti ai nostri occhi quella che è in assoluto la più grande cisterna che abbiamo fino ad ora ritrovato qui a Monterotondo». E chiude con grande orgoglio: «Queste ville di Monterotondo avevano un sistema delle acque che noi ci sogniamo».l


 

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