Serie A
«Vi racconto chi era Bavastro». Storia di un corsaro a Livorno
Il libro del pronipote Stefano Gennari: era un’anima inquieta. La presentazione ha avuto in un contesto perfettamente attinente al tema, il Festival Pirati e Corsari del Mediterraneo svoltosi all’ex Cinema Aurora
LIVORNO. Che Giuseppe Bavastro fosse destinato a vivere una vita di avventure sul mare era chiaro sin dal momento della sua nascita (avvenuta a Genova nel 1760): si racconta che la madre, intenta nelle preghiere, fu presa dalle doglie e si recò per il parto anticipato nel luogo considerato più confortevole tra quelli vicini alla chiesa, ovvero la spiaggia di Sampierdarena, dove poco dopo nacque il bambino, immediatamente lavato con acqua di mare.
Fantasia o realtà sta che dopo tre giorni dalla nascita colui destinato a diventare un corsaro di Napoleone fece il suo primo viaggio nella cesta del “Tre Alberi” dello zio per tornare a Nizza, ancora italiana, luogo di residenza della famiglia. Si parla di Bavastro perché nonostante i natali liguri il marinaio con Livorno ha sempre avuto un feeling particolare tant’è che colui che racconta la storia del futuro corsaro nel libro “Giuseppe Bavastro, un corsaro a Livorno” è il suo pronipote livornese Stefano Gennari, ammiraglio della Marina Militare in pensione, a dimostrazione di come il sangue non sia (è il caso di dirlo) acqua.
La presentazione ha avuto in un contesto perfettamente attinente al tema, il Festival Pirati e Corsari del Mediterraneo svoltosi all’ex Cinema Aurora. «Definire Bavastro un inquieto sarebbe riduttivo:nella sua vita ha difeso tutte quelle che lui considerava buone cause – racconta Gennari – mettendo le sue indubbie capacità marinare a disposizione di questi ultimi: da Napoleone a Simon Bolivar».
Gennari ci tiene a specificare un aspetto: «Non confondiamo i corsari, come il protagonista del mio libro, con i banali pirati; questi ultimi erano né più né meno che dei ladroni e assassini, i corsari come Bavastro avevano una vera e propria “patente” (in questo caso francese) che faceva di loro dei soldati al servizio di quella nazione».
Ma che c’entra la città di Livorno ? «Livorno è una città di cui Bavastro si innamorò in uno dei primi viaggi - prosegue Gennari - poi verso la vecchiaia decise di venirci ad abitare ma poi si annoiò (questo era l’uomo) lasciandoci però la famiglia che qui rimane sino allo stesso Gennari che ricorda in proposito la nonna Giuseppina Bavastro. Con lui il cugino di Gennari, Riccardo Omodarme, proprietario del Puntoeliografico di via dei Pescatori, il cui nonno Carlo Bavastro, fratello di Giuseppina morì in Russia in un campo di prigionia nella seconda guerra mondiale.
«Il nostro corsaro girò ancora un po' il mondo sino a giungere alla morte, ovviamente non in un letto di una casa di riposo ma cadendo da cavallo sulla spiaggia di Algeri – termina l’autore Stefano Gennari – e dall’ospedale dove fu ricoverato prima della morte chiese che gli venisse aperta la finestra per vedere il mare». Chissà, magari verso Livorno, con l’ultimo pensiero verso la città del suo cuore.