Il Tirreno

Livorno

Il lutto

Mezzo secolo dietro a un banco, il mercato di Livorno piange Crestacci

di Flavio Lombardi
Mezzo secolo dietro a un banco, il mercato di Livorno piange Crestacci

Scomparso a 87 anni lo storico macellaio. Lascia moglie e quattro figli

06 giugno 2023
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Livorno Si è spento l’altro ieri all’età di 87 anni, dopo tre mesi in cui la sua salute non era più quella di prima. Luigi Crestacci, una delle anime del Mercato delle Vettovaglie, coglie tutti di sorpresa. La sua scomparsa arriva a distanza di brevissimo tempo da quella di un altro storico commerciante che lì aveva radici da 53 anni: Massimo Salvador.

Ha colto tutti di sorpresa Luigi, si diceva. Come fosse una delle sue battute proverbiali che regalava al banco distribuendone una per ciascuno di quei clienti affezionati che sapevano di andare ad acquistare carne da lui, e congedarsi poco dopo con la “sporta del sorriso”. Si, perché andare da Gigi, significava andare oltre quel chilo di lesso che ti aveva appena venduto.

C’era la barzelletta, la chiacchierata di sport, il parlare delle condizioni meteo con quello che si lamentava se pioveva e c’aveva invece da seminare l’orto. Una parola al momento giusto per ciascuno, e la giornata per il suo interlocutore procedeva per il meglio. Cliente servito e soddisfatto, insomma.

Famiglia di macellai, livornesi da una vita, fino a perdere memoria a forza di andare a ritroso in cerca delle origini. Testimonianze, narrano che siano arrivati un dì di maggio, all’ombra dei 4 Mori dalla terra considerata patria della democrazia: la Grecia. Erano i Crestaki e venivano dal Peloponneso quando sbarcarono nel diciottesimo secolo da queste parti e avevano da inventarsi cosa fare. Qualcuno sostiene che macellai lo fossero di già. Ma non si sa di preciso. Così come l’esatta provenienza. Forse, i dintorni di Sparta. Certo è che Gigi, un guerriero lo è stato.

Cinquant’anni dietro al banco, con la solita voglia del primo giorno fino a poco tempo addietro, quando, nonostante l’attività fosse ormai intestata al figlio Riccardo che taglia squarta e incarta da 37 anni, continuava ad andare lì, affettando, macinando e legando con lo spago sottofesa, filetto o girello per fare l’arrosto con le raccomandazioni che seguivano sul tegame per la cottura, giocando talvolta su battute squisitamente labroniche.

E’ morto lunedi sera al reparto delle cure palliative, uno dei personaggi del commercio labronico, titolare del banco numero 12 e 13. Un sorriso per tutti, goliardico, che amava la vita.

Per lui, era un divertimento stare a contatto specialmente con generazioni più giovani della sua. “Ci son già io vecchio, basta e avanza” diceva. Ascoltava commenti sulle cene, e diceva la sua sul conto. “Boia, o cosa hai mangiato per spende 50 euri? Un bove? Troppi vaini, poi con un vino normale, ma fai la bulletta, de, la prossima volta ti faccio cena a casa mia ti faccio risparmià...”. Arrivava il Falca, amico di Riccardo, e lui: “toh, ecco falchissimo, ora si vola vai...”.

E chi non ricorda le gag coi clienti che andavano per un etto di macinato, magari terminato, e lui che alla fine trovava il modo di convincerli dirottando per tre fette di filetto. Spendevano 40 euro, storditi dai discorsi. E dalla simpatia. Un venditore nato.

Lascia la moglie Graziella e i figli Renzo, Enrico, Riccardo e Federica. I funerali avranno luogo quest’oggi alle 15,15, muovendo dalla stanza mortuaria con le onoranze funebri a cura della Misericordia. La salma sarà poi tumulata al cimitero della Purificazione.l
 

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