Il Tirreno

Livorno

Cultura

Lirica rarità, Pinotta apre il Mascagni Festival in Fortezza Vecchia

Maria Teresa Giannoni
Lirica rarità, Pinotta apre il Mascagni Festival in Fortezza Vecchia

L’opera del Maestro sabato 9 luglio la terza edizione della rassegna: si replica il giorno dopo

06 luglio 2022
3 MINUTI DI LETTURA





Livorno. Sarà una vera rarità - per Livorno una prima assoluta - ad aprire la terza edizione del Mascagni Festival sabato alle 21,30 (replica domenica 10 stessa ora) alla Fortezza Vecchia.

“Pinotta” che Mascagni scrisse da vecchio rielaborando due composizioni giovanili, la cantata “In Filanda” e la canzone “La tua stella”, definendola più che un’opera semplicemente un “Idillio”. “In Filanda” quando non aveva ancora vent’anni fu un grande successo a Livorno e anche “Pinotta” quando fu presentata al Casinò di Sanremo nel 1932 fu un trionfo. Tale che lo stesso Mascagni che era alla guida dell’orchestra fu stupito dell’accoglienze e di dover fare il bis del duetto d’amore.

All’inizio “Pinotta” fu ospitata in vari teatri ma finì presto nel dimenticatoio. In questa occasione la vedremo interpretata dai cantanti usciti dalla Mascagni Academy con il coro diretto da Maurizio Preziosi e l’Orchestra del Teatro Goldoni diretta da Francesco Di Mauro.

Regia, scene costumi, sono di Giulia Bonghi. “Pinotta" che durerà meno di un’ora sarà preceduta da un concerto di musiche mascagnane con i vincitori del primo concorso di Voci Mascagnane.

Una trama semplice – lui Baldo, operaio, ama lei che fa la filatrice nella bottega di Andrea - tre personaggi principali, un coro imponente con operai e filatrici presente per tre quarti dell’opera. Una storia senza drammi, senza sorprese, eppure la giovane regista Giulia Bonghi non ci sta a liquidare “Pinotta” come una composizione di poca importanza. La Bonghi è stata la regista anche di “Amico Fritz” nel festival dello scorso anno e comincia ad avere una certa pratica della psicologia mascagnana.

«”Pinotta” rappresenta una sfida anche di una certa complessità – spiega – perché a livello drammaturgico non succede niente. Dovevo trovare una storia da raccontare che non fosse ridotta a due persone che si dicono ti amo senza che ci sia nemmeno il cattivo di turno. E mi sono chiesta che cosa si nasconde dietro questa felicità apparente. Il coro è composto da uomini che inneggiano al fatto che lavorano, viene celebrata la primavera. Ma una realtà così idilliaca non esiste».

E dietro allora cosa c’è? «La prima di “Pinotta” è datata 1932, in pieno ventennio fascista. Un’epoca in cui fa paura l’autorità, il potere inteso in un certo modo. Ci saranno immagini evocative di quel tipo di tirannide. Ma non è soltanto il fascismo, è la vita che funziona così, anche oggi vediamo la guerra vicino a noi. Dietro il benessere si nasconde sempre una violenza, sempre un’autorità utilizzata male. Credo che dietro l’idillio bisogna cercare la verità».

C’è qualcosa o qualcuno che le ha dato ispirazione? «Mi ha guidato l’arte di De Chirico che era attivo in quel periodo. Il richiamo alle sue piazze italiane sarà evidente: i suoi quadri stupiscono per l’apparente semplicità, ma lasciano immaginare l’infinito . Poi ci saranno i tre zeffiri che per me sono un po’ come le tre moire della mitologia greca e in scena avranno i volti imbiancati con dei ghirigori disegnati un po’ come i manichini di De Chirico. Tre moire che tessono il filo dei protagonisti tra l’idillio e l’orrore e mi aiutano a tenere questo ambito evocativo».

E poi c’è la musica di Mascagni. «Tutto segue l’andamento della musica che ha dentro elementi di malinconia e sempre qualcosa di non detto, di misterioso come nel canto delle filatrici. La musica di Mascagni è difficile ma ha dei momenti meravigliosi. Più la senti e più l’apprezzi. Io sono di Parma e sono cresciuta a Verdi e lambrusco, come regista non mi ci vedo con la prosa, preferisco le opere. Non capisco come a volte i teatri affidino le regie liriche a persone che non conoscono la musica. Per me questo nuovo allestimento di un’opera di Mascagni è una grande soddisfazione. Penso che se mi hanno chiamato un’altra volta vuol dire che l’anno scorso non è andata tanto male. E qualcosa di buono verrà fuori anche questa volta». l


 

Primo piano
Tragedia sul lavoro

Firenze, morto l’operaio di 36 anni schiacciato dalla ruspa

di Danilo Renzullo
Sportello legale