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Il caso

Christine Amanpour (Cnn) non mette il velo, il presidente dell’Iran Raisi rifiuta l'intervista

di Giuseppe Maria Laudani
 Christine Amanpour  (Cnn) non mette il velo, il presidente dell’Iran Raisi rifiuta l'intervista

A raccontarlo è stata la stessa reporter, di origini iraniane, mentre da giorni nel Paese si susseguono le manifestazioni per denunciare la morte di Mahsa Amini, la 22enne curda deceduta mentre era sotto custodia della polizia morale per non aver indossato correttamente il velo islamico.

23 settembre 2022
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 ROMA  Niente hijab? Niente intervista. La famosa giornalista della Cnn Christiane Amanpour si è rifiutata di indossare il velo per un incontro a New York con il presidente conservatore iraniano Ebrahim Raisi, scatenando la reazione del leader di Teheran che ha prontamente annullato il faccia a faccia.

A raccontarlo è stata la stessa reporter, di origini iraniane, mentre da giorni nel Paese si susseguono le manifestazioni per denunciare la morte di Mahsa Amini, la 22enne curda deceduta mentre era sotto custodia della polizia morale per non aver indossato correttamente il velo islamico. "Credo che Raisi non voglia essere visto con una donna senza velo nel momento in cui nel suo Paese infuriano le proteste", ha spiegato la stessa Amanpour sul suo account Twitter.

"E così ce ne siamo andati. L'intervista non c'è stata. Con le proteste che continuano in Iran e le persone che vengono uccise, sarebbe stato un momento importante per parlare con il presidente Raisi", ha scritto la giornalista, che ha pubblicato la foto che la ritrae senza copricapo accanto alla sedia vuota nel luogo in cui si sarebbe dovuta tenere l'intervista a margine dell'Assemblea generale dell'Onu.

Un volto scoperto, un gesto coraggioso, ma anche provocatorio che ricorda quello di Oriana Fallaci che nel 1979, al termine di un'intervista con l'ayatollah Khomeini, si tolse indispettita il velo. Poco prima il capo della rivoluzione islamica le aveva detto che "la veste islamica è per le donne giovani e perbene", scatenando lo sdegno della reporter che definì il foulard uno "stupido cencio da medioevo". Gesti simbolici che da giorni si ripetono in Iran, dove una marea umana sta sfidando il regime inneggiando al coraggio e al sacrificio di Amini.

Le manifestazioni, in oltre una trentina di città, puntano a rompere il tabù e a porre il potere di fronte a una sfida senza precedenti. Ma il costo in termini di vite umane è altissimo: secondo l'ong Iran Human Rights (Ihr) con sede a Oslo, sono almeno 31 i civili uccisi dalla repressione, mentre la televisione di Stato ha diffuso un altro bilancio parlando di 17 morti fra manifestanti e poliziotti. Centinaia i feriti e gli arresti di massa.

Sono le due facce dell'Iran, Paese stremato da una pesante crisi economico-sociale, dove le donne vogliono ritagliarsi finalmente un loro spazio politico, manifestando la loro rabbia con forti azioni simboliche, come quelle di dare fuoco ai veli e alle immagini dei leader religiosi o quella di tagliarsi i capelli. Proteste che hanno ricevuto il plauso delle cancellerie occidentali a cominciare dagli Stati Uniti, che hanno deciso di imporre sanzioni alla polizia morale iraniana.

Dura anche la ministra degli Esteri tedesca Annalena Baerbock, che ha denunciato "il brutale attacco contro le donne coraggiose" che da diversi giorni manifestano, vedendo nella repressione dei cortei "un attentato contro l'umanità". Raduni che per Teheran sono incitati da un nemico straniero con l'aiuto di agenzie di intelligence e ambasciate. Intanto, mentre il regime iraniano ha bloccato l'accesso a Instagram e WhatsApp, il padre di Amini ha accusato le autorità di mentire sulla morte della donna, rivelando che quando vide il corpo della figlia prima del funerale era completamente avvolto da un telo, tranne il viso e i piedi su cui c'erano i lividi: "Non ho idea di cosa le abbiano fatto". 

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