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Amarcord Italia Mondiale 1982

Marco Tardelli e quell’urlo diventato il simbolo del trionfo dell’Italia sulla Germania: «Ma l’immagine che rimarrà per sempre nel mio cuore è il bacio di Zoff a Bearzot»

Giuseppe Galli
Marco Tardelli e quell’urlo diventato il simbolo del trionfo dell’Italia sulla Germania: «Ma l’immagine che rimarrà per sempre nel mio cuore è il bacio di Zoff a Bearzot»

11 luglio 2022
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 Sette secondi di gloria, sette secondi entrati nella storia dell’Italia, sette secondi diventati eterni. È il 24’ della ripresa della finale Mundial tra Italia e Spagna quando Marco Tardelli, con gli azzurri già in vantaggio grazie al gol di Paolo Rossi, scaglia il suo sinistro alle spalle di Harald Schumacher e scatena tutta la sua gioia, urlando per sette esaltanti e interminabili secondi.

E mentre le telecamere inquadravano il presidente della Repubblica Sandro Pertini, che sulla tribuna d’onore del Santiago Bernabeu di Madrid esultava con la sua pipa in manoi e diceva «non ci prendono più», Tardelli continuava a correre e a urlare indemoniato.

«Non ricordo nemmeno io quello che ho fatto in quei sette secondi – dice quarant’anni dopo il campione del mondo, 68 anni il prossimo 24 settembre, ex centrocampista della Juventus ed ex allenatore –. Cosa urlavo? Non lo so, so solo che mi è passata davanti tutta la mia vita, tutti i sacrifici fatti da me e dalla mia famiglia per essere lì e segnare quel gol».

Un gol pesante e un’esultanza che, quarant’anni dopo, viene indicata dai più come l’immagine di quel trionfo. È d’accordo?

«Se devo essere sincero, per me che ho vissuto quell’avventura non è proprio così. Per me l’immagine simbolo della vittoria dell’Italia al Mundial è il bacio di Zoff a Bearzot, quando Dino arriva accanto al “vecio” che sta facendo l’intervista e lo bacia come un bambino bacerebbe il suo papà. E vedere un ragazzo di 40 anni che bacia il proprio allenatore in quel modo.... Due friulani tremendi come Zoff e Bearzot, così schivi, che si lasciano andare in quel modo. Bellissimo. Erano come padre e figlio e sono stati di grande esempio per tutto il gruppo».

E quei sette secondi?

«Sono diventati un po’ la mia croce... Ho giocato più di 300 partite in serie A con Juventus e Inter, ho vestito per 81 volte la maglia della Nazionale, vinto di tutto, anche un Europeo alla guida dell’Under 21, ma sembra che nella mia carriera ci siano soltanto quell’urlo e quei sette secondi...».

Ovvio che non sia così ma se, quarant’anni dopo, tutti ancora ne parlano, un motivo ci sarà...

«Certo che sì, e non sarò io a negarlo. Ma se ancora oggi – con trasmissioni tv, interviste e persino con il nostro film-documentario “Italia 1982-Una storia azzurra” in uscita proprio ora – si continua a parlare di quella vittoria è perché fu davvero qualcosa di immenso, arrivato in un momento drammatico per l’Italia, in cui il terrorismo la faceva da padrone. La vittoria dell’Italia ai Mondiali 1982, inattesa quanto esaltante, fu una gioia per tutti e unì il nostro Paese, sia dal punto di vista sportivo sia politico».

Contrattacco di Scirea, Conti, subentra Rossi, Scirea, Bergomi, Scirea, Tardelli.. Gol. Gol... Torniamo a quel minuto 24.

«Penso al mio grande amico Scirea, che purtroppo non c’è più. Penso a quel suo ultimo passaggio... Gaetano mi ha lasciato un grandissimo ricordo, era un amico vero, una persona che dava serenità».

Chi furono, a suo avviso, i veri artefici di quel successo?

«Ognuno ha fatto la propria parte e, come in altre vittorie dell’Italia, il gruppo ha dimostrato di essere più forte e importante del singolo. E se parliamo di gruppo, non posso fare a meno di indicare proprio in Enzo Bearzot e Dino Zoff i veri leader. Ma anche Cesare Maldini fu importante in quel gruppo: era lui che ci allenava, che ci dava i consigli, poi Bearzot vedeva e registrava tutto e sapeva dove mettere l’ultimo dito. E non posso non citare Paolo Rossi: quei sei gol furono decisivi...». 

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