Medio Oriente
Violenza sessuale e sequestro, 35enne condannato a cinque anni e mezzo a Grosseto
La vittima era la compagna del fratello dell’imputato
GROSSETO. Cinque anni e mezzo la pena per un uomo di 35 anni, sotto processo davanti al collegio per una violenza sessuale, un rapporto completo che sarebbe stato attuato dopo pugni e minacce, dopo una colluttazione e anche dopo un comportamento illecito identificato come sequestro di persona.
I giudici (Marco Bilisari presidente, Ludovica Monachesi e Agnieszka Karpinska) hanno accolto le richieste della Procura, riducendole: il sostituto procuratore Marco Lavra – da poco arrivato su sua richiesta in via Monterosa dalla Procura di Tempio Pausania, è ai suoi primi impegni dibattimentali, mentre il collega Federico Falco è passato, sempre su propria richiesta, a quella di Pistoia – si è detto convinto della colpevolezza dell’uomo chiedendo per lui sette anni e un mese. I giudici, che si sono riservati il deposito delle motivazioni, hanno accolto anche le richieste di risarcimento danni avanzate dalla donna, costituitasi parte civile con l’avvocato Roberto Cerboni, stabilendo una cifra di 40mila euro.
Una vicenda lontanissima nel tempo: i fatti contestati all’uomo, di nazionalità straniera e non presente in Tribunale, risalgono al primo maggio 2016 e avevano avuto svolgimento in più luoghi, prima in una frazione di Grosseto e poi nel territorio di Castiglione della Pescaia. Secondo l’imputazione, il 35enne avrebbe sequestrato la donna, costringendola a salire su un’auto dopo averla afferrata per un braccio e averla spinta con forza nell’abitacolo. Una volta dentro, avrebbe impedito alla donna di allontanarsi come anche di chiamare i carabinieri: le avrebbe dato un pugno al volto, l’avrebbe minacciata con un tubo di ferro. Poi l’avrebbe costretta a chiamare un’amica di lei e un altro conoscente: nessuno dei due aveva risposto. Ancora, le avrebbe detto di chiamare i figli per dar loro l’ultimo saluto e per dire loro che quando sarebbero arrivati avrebbero trovato solamente il suo corpo senza vita, fatto a pezzi. Non solo. Ancora secondo l’imputazione, il 35enne l’avrebbe afferrata per un braccio mentre lei cercava di scappare gettandosi in un fossato, e in questa circostanza l’avrebbe colpita al fianco e a una gamba con il tubo di ferro (cinque i giorni di guarigioni per le contusioni riportate). Infine, l’avrebbe costretta a subire un rapporto sessuale completo. I due si conoscevano, lei era la compagna del fratello di lui. La donna è stata sentita in aula, così come la madre di lei: quest’ultima era stata ammessa a testimoniare per chiarire lo stato d’animo della figlia e le conseguenze (sia fisiche sia psicologiche) al momento del rientro a casa come anche per far luce sui rapporti tra la giovane donna e l’imputato e il fratello di questi.
L’imputato è stato assistito dall’avvocata Giulia Sofia Aldegheri di Verona, insieme al collega grossetano Alessio Fedi. Nell’arringa, questi ha sottolineato le incongruenze nel racconto e tutti i dubbi che a suo giudizio avrebbero reso non attendibili le parole della donna, mancando i presupposti della violenza sessuale contestata. Ha invocato l’assoluzione e comunque una riqualificazione del reato, sottolineando che per i reati di entità minore era comunque scattata la prescrizione. Adesso la difesa attende il deposito delle motivazioni per argomentare l’appello contro la condanna. l
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