Il Tirreno

Grosseto

La sentenza

Ricettazione e calunnia, condannato a 16 mesi

di Pierluigi Sposato
Ricettazione e calunnia, condannato a 16 mesi

Pena comminata a un 42enne grossetano

02 dicembre 2022
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GROSSETO. Dal furto/smarrimento di assegni in un albergo alla ricettazione. E dalla ricettazione alla calunnia, con il coinvolgimento di un imprenditore risultato estraneo alle dichiarazioni.

Due reati per i quali un grossetano di 42 anni, Daniele Generali, è stato riconosciuto colpevole e condannato al termine del procedimento con il rito abbreviato a un anno, quattro mesi e venti giorni dal giudice dell’udienza preliminare Marco Mezzaluna. Il pm Salvatore Ferraro aveva sollecitato due anni e sei mesi. Il difensore (Andrea Ferrini per Andrea Coscarelli) aveva sollecitato l’assoluzione.

Generali era imputato di ricettazione per tre assegni che erano stati denunciati come smarriti da una donna ospite di un albergo di Tarquinia, nel settembre 2019; e di aver incolpato un imprenditore per la ricettazione di questi stessi assegni, pur sapendolo innocente. Il fascicolo era partito dalla denuncia di smarrimento/furto presentato dalla donna, che – in vacanza a Tarquinia – aveva lasciato il carnet in un portadocumenti nella camera di albergo. I carabinieri avevano accertato che Generali era stato ospite di quello stesso hotel nella stessa struttura. La guardia di finanza della Procura aveva poi stabilito che tre assegni (300, mille e mille euro) erano stati negoziati dall’imputato: ma poiché denunciati come smarriti e avendo la firma illeggibile e non corrispondente allo specimen, non erano stati pagati. Rintracciato e convocato negli uffici delle fiamme gialle, Generali aveva detto di aver ricevuto quegli assegni da un imprenditore oggi 45enne abitante sull’Amiata, per prestazioni lavorative effettuate: il passaggio dei titoli sarebbe avvenuto in un autogrill nei pressi di Civitavecchia. E Generali, imprenditore a sua volta, aveva promesso di inviare la documentazione a comprova del lavoro svolto. L’imprenditore amiatino, sentito dalla guardia di finanza, aveva dato una ricostruzione diversa: aveva spiegato di non riconoscere gli assegni e che tempo addietro, in un bar, aveva incontrato un gruppo di persone, tra cui Generali. Il gruppo gli aveva proposto di aprire un conto corrente sul quale versare assegni di conti correnti di cui ignorava l’identità, lui avrebbe solo dovuto mettere una firma e in cambio avrebbe ricevuto una provvigione.

Il giudice osserva che è impossibile dire che Generali sia stato autore del furto degli assegni. Ma è convinto della responsabilità in merito alla ricettazione, soprattutto dopo aver esaminato le dichiarazioni che si sono poi rivelate prive di fondamento. Il gup rimarca invece l’attendibilità dell’imprenditore amiatino e sottolinea che il gruppo del bar era formato anche da persone ben note negli ambienti delle truffe. Nota anche che la documentazione di lavoro che Generali aveva inviato consiste in una dichiarazione senza alcun valore probatorio.




 

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