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Superbonus 90% gli edili preoccupati: «I committenti potrebbero rinunciare»

di Matteo Scardigli
Superbonus 90% gli edili preoccupati: «I committenti potrebbero rinunciare»

Imprese sul chi vive anche per il blocco dei crediti e le possibili decisioni delle finanziarie

27 novembre 2022
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GROSSETO. La mannaia calata dal governo Meloni sul Superbonus, ridotto dal 110% al 90%, rischia di falcidiare uno dei tre settori-pilastro su cui si fonda l’economia della Maremma e dell’Amiata. Il comparto dell’edilizia provinciale, infatti, che aveva investito sulla misura studiata per incentivare la riqualificazione del patrimonio immobiliare (soprattutto privato), si ritrova oggi sulla testa una spada di Damocle appesa al filo sottilissimo delle finanziarie.

Dopo la partenza a singhiozzo determinata dall’incertezza delle norme, a cui si sono aggiunti il caro energia e l’irreperibilità dei materiali con il conseguente blocco di molti cantieri già aperti, sono entrati poi a gamba tesa il recente Stop alla cessione dei crediti decisa da Poste italiane e la recentissima sentenza della Cassazione, che i crediti ceduti a banche e altri soggetti sono sequestrabili; a prescindere dalla buona fede di chi ha comprato.

In questo contesto, l’ultima campanella per la consegna della Cila (comunicazione di inizio lavori asseverata) da parte dei condomìni per mantenere l’aliquota al 110% è suonata appena due giorni fa: chi non l’ha presentata per tempo potrebbe rinunciare ai lavori, lasciando con un palmo di naso le aziende che si erano già esposte economicamente.

«Il Superbonus è nato come una manovra positiva che ha dato un impulso al settore anche dal punto di vista occupazionale», premette Daniele Galluzzi, vicepresidente di Ance Grosseto e referente della commissione Tecnologia e innovazione di Ance nazionale (oltre che titolare della ditta omonima), che tuttavia prevede: «Il 90% sarà un fallimento».

E spiega: «Il comparto dell’edilizia ha bisogno di fare programmazione per almeno 5-10 anni, mentre questa legge (nata nel 2020) è stata cambiata una dozzina di volte. Per la proroga al 2023 – aggiunge – sono state richieste certificazioni da inviare entro pochi giorni, a ciò si aggiunge il caos accentuato in questi giorni su cessione dei crediti e relative piattaforme delle quali l’imprenditore si deve avvalere (che, per inciso, prendono percentuali enormi su tutti i bonus)».

A Grosseto, in particolare, Galluzzi ha riscontrato anche un altro fenomeno nocivo: «Mi sento delegittimato da un sistema in cui chiunque può aprire partita Iva con la stessa facilità con cui si prende un caffè. È così che si creano i mostri dei general contractor, che, senza strumenti per fare impresa, sono scesi in picchiata anche sul nostro territorio e hanno fatto man bassa di manodopera e razzia di cantieri; con risultati potenzialmente scadenti sulle opere concluse».

Personalmente, Galluzzi racconta di aver «programmato sui bonus minori per ridurre i rischi». Ma in difesa delle aziende più piccole non usa mezze misure: «Con questo passaggio dal 110% al 90% un giovane imprenditore sano, che vuole avviare un’azienda o l’ha appena avviata, doveva e deve essere difeso. Sull’altro piatto della bilancia serviva e serve tolleranza zero contro gli improvvisati, anche per la sicurezza dei e sui posti di lavoro».

Sulla stessa linea Antonio Lauria, titolare della ditta omonima, che – in avvio – sposta l’attenzione sul comune cittadino. «I privati non gradiranno il passaggio (dal 110% al 90%) perché, oltre a ottenere la riqualificazione dell’immobile, spettava loro qualcosa di “extra” (l’“eccedenza” del 10%)», spiega, e poi apre il capitolo finanziarie: «Già vogliono il 30% sul Bonus facciate al 65%, se altrettanto faranno con il Superbonus modificato i committenti potrebbero cambiare idea».

E Lauria, come tanti altri colleghi, è già alle prese con un’ulteriore questione: «Col 110% abbiamo fatto due lavori e due col 65 (il Bonus facciate). Il problema è che li abbiamo fatti a cavallo tra 2021 e 2022, quando poi tutto fu bloccato per problemi in giro per l’Italia. Ancora oggi – spiega – non siamo riusciti a monetizzarli: se abbiamo fatto 300-400mila euro, nonostante abbiamo anticipato stipendi e materiali, non ne possiamo disporre; ce li abbiamo sempre sul cassetto fiscale, al quale però possiamo accedere solo in 5 anni».

Lauria fa poi un’ultima serie di considerazioni: «Personalmente ritengo che la scelta di passare dal 110% al 90% non sia sbagliata, perché è giusto che il proprietario (che ottiene una rivalutazione dell’immobile, anche cospicua) contribuisca di più; ma capisco che non tutti hanno la liquidità. Penso però alle imprese che ci hanno investito molto e chiuderanno, ai lavoratori e alle loro famiglie. E temo che i cittadini, disincentivati all'investimento, invece di realizzare quartieri green (la misura, del resto, era nata per questo) faranno altre scelte».

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