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Firenze, drogata e sequestrata in un pollaio: chi è il 63enne condannato (dopo il fratello)

di Matteo Leoni
Firenze, drogata e sequestrata in un pollaio: chi è il 63enne condannato (dopo il fratello)

La vittima viveva da tempo in una casa popolare col figlio ventunenne

14 maggio 2024
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FIRENZE. É arrivata una seconda condanna nel procedimento nato dalle indagini sul caso di una donna di 53 anni, residente in provincia di Firenze, che nel 2019 fu drogata coi sonniferi, sequestrata in un pollaio e poi in una roulotte a Rufina per oltre un mese. Quindi, legata a una branda, picchiata, violentata più volte e privata sia della casa, sia perfino del reddito di cittadinanza. Terzilio Ricci, di 63 anni, è stato condannato a quattro anni di reclusione in primo grado dal tribunale di Firenze. Si tratta della seconda condanna emessa per la vicenda, dopo quella del fratello, Massimo Ricci, che deve scontare una pena di otto anni, diventata definitiva in Cassazione. Terzilio Ricci è stato condannato anche al risarcimento del danno nei confronti della vittima, assistita dall’avvocato Arianna Tabarracci.

Secondo le tesi dell’accusa, rappresentata in aula dalla pm Beatrice Giunti, Terzilio Ricci avrebbe derubato la donna, dopo che era stata sequestrata dal fratello. Sarebbe andato a casa sua, dove viveva col figlio ventunenne, e le avrebbe rubato tutto quello che c’era di prezioso. Tra cui documenti, carte di credito, e perfino una dentiera, l’abito nuziale e della biancheria. L’uomo è stato condannato con rito ordinario. Il fratello invece aveva scelto il rito abbreviato.

La vittima viveva da tempo in una casa popolare col figlio ventunenne, mentre l'ex marito, gravemente malato, era ricoverato in una Rsa. Lei, senza lavoro, percepiva il reddito di cittadinanza. L’uomo poi condannato a 8 anni, secondo i carabinieri, voleva farla sparire per toglierle la casa e prendere il suo denaro. Ai primi di settembre con una scusa, avrebbe convinto la donna a salire in auto e a raggiungere la roulotte dove viveva in un campo circondato da boschi in Val di Sieve. Qui, dopo averla drogata con sonniferi mischiati a Coca Cola, l'avrebbe chiusa in un pollaio legandola. Sarebbe stato anche un modo di vendicarsi perché lei in passato lo aveva truffato portandogli via 40 euro. Nel pollaio la vittima avrebbe passato una settimana senza potersi mai alzare, alimentata con acqua e biscotti dal suo aguzzino. Più volte nel corso della prigionia l'uomo l'avrebbe picchiata, presa a schiaffi, frustata con un tubo di gomma e colpita al volto con un bastone di legno. Sarebbe arrivato anche a torturarla, iniettandole acqua a forza in un orecchio. Sotto la minaccia della violenza l'avrebbe costretta a firmare una delega che permetteva a lui di ritirare il suo reddito di cittadinanza accreditato su apposita carta di pagamento. Poi l'avrebbe costretta a scrivere al marito, dicendo che si era allontanata da casa per trasferirsi all'estero.

Mentre la vittima era segregata, l’uomo e la compagna presero possesso della sua casa allontanando anche il figlio di lei facendogli credere che la madre non volesse più vederlo e che il padre fosse morto.


 

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