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La crisi

Bollette gli operai disperati: «Se pago la luce poi non mangio»

di Rita De Blasio
Bollette gli operai disperati: «Se pago la luce poi non mangio»

C’è chi, a 50 anni, è tornato a vivere con i genitori per risparmiare

04 ottobre 2022
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SCANDICCI. «Oramai siamo arrivati al punto che o si pagano le bollette o si mangia», sostiene disperata Ylenia Falugiani al presidio dei lavoratori e delle lavoratrici della Giga Grandi Cucine, tenutosi ieri mattina, davanti ai cancelli della ditta a Scandicci per protestare contro il caro vita.

Ylenia è in cassa integrazione, come gli altri 37 colleghi, dall’8 febbraio di quest’anno. Deve pagare 500 euro di affitto, 134 euro di gas e 218 euro di acqua. Alle utenze, lo scorso mese, si è aggiunta la spesa per i libri del figlio Alessio, che frequenta la terza superiore, di oltre 160 euro. Un totale di circa mille euro. Al mese Ylenia ne percepisce 860: «La cassa integrazione non arriva neanche puntuale. La situazione è insostenibile già ora, sono molto preoccupata per l’inverno quando si accenderà di nuovo il riscaldamento», continua la donna che ha registrato un aumento delle bollette, rispetto i primi mesi del 2022, di circa 100 euro su base bimestrale.

Il caro energia mette in difficoltà tutti, ma ha un impatto devastante sui lavoratori in cassa integrazione, come quelli della Giga Grandi Cucine, un’impresa specializzata in cucine professionali, acquistata nel 2006 dalla multinazionale statunitense Middlebay. La chiusura della Giga era programmata per il 31 dicembre dello scorso anno ma, grazie a presidi e scioperi, i lavoratori sono riusciti ad ottenere dodici mesi di cassa integrazione a zero ore. I sindacati e le rsu dell’impresa torneranno a riunirsi il prossimo mercoledì 13 ottobre per applicare una moratoria alla liquidazione e al conseguente licenziamento collettivo dei dipendenti per il tempo necessario a trovare un possibile acquirente. In cassa integrazione c’è anche Stefano Mediolani, che registra un aumento delle utenze di circa 150 euro ogni due mesi: «Sono separato, per risparmiare sono tornato a vivere con mia madre che per fortuna ha un’ottima pensione e quindi riusciamo, almeno per il momento, ad andare avanti», dichiara l’uomo. In una situazione leggermente diversa è, invece, Giuseppe Iovicello: «Mi ritengo più fortunato dei miei colleghi perché, se tutto va bene, tra due anni e mezzo vado in pensione. Ma, al momento, visto il rincaro dei costi si cerca di risparmiare su tutto con piccole accortezze quotidiane in casa che, però, avevamo anche prima. I prossimi mesi mi preoccupano parecchio», afferma angosciato.

Questi presidi sono cominciati lo scorso 15 settembre con lo sciopero dei 160 dipendenti della Fonderia Palmieri di Calenzano. Poi ad incrociare le braccia, nel corso delle due settimane successive, sono stati i lavoratori della della Ocem, della Comesca e dell’Icet, e alla Nuovo Pignone han no chiesto un adeguamento delle buste paga. «Non si è mai visto nessun esponente politico davanti ai cancelli, questo la dice lunga», sostiene Iuri Campofiloni, membro della segreteria della Fiom. E nel frattempo nascono i nuovi poveri: «Questi lavoratori guadagnano 860 euro al mese, è impossibile che riescano a far fronte al caro bollette. Per di più rischiano il licenziamento tra poco più di due mesi. Bisogna intervenire subito».

Non mancano frecciatine alla politica anche da parte di Alessandro Zerolla: «Parlare delle bollette è fare riferimento solo alla punta dell’iceberg. Ci sono tante altre cose che non vanno: l’instabilità politica italiana che ci impedisce di avere una soluzione a lungo termine. Tutte belle parole in campagna elettorale ma di concreto non si è visto nulla» sostiene l’operaio. Soluzioni concrete che hanno provato a proporre la Federconsumatori Toscana e la Cgil: «Abbiamo presentato un documento al governo per immettere liquidità nelle tasche dei cittadini che hanno avuto un aumento di circa 2500 euro su base annuale solo per bollette e spese di prima necessità. Chiediamo di reperire risorse con la tassazione totale degli extra profitti, trasformando la fatturazione del gas da bimestrale a mensile», sostiene il presidente della Federconsumatori Luca D’Onofrio. Si spera che questi gridi di allarme vengano ascoltati prima o poi.


 

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