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Empoli, la protesta di una donna che ha partorito al San Giuseppe: «Neomamme in ospedale lasciate senz’acqua calda»

di Giacomo Pelfer
Empoli, la protesta di una donna che ha partorito al San Giuseppe: «Neomamme in ospedale lasciate senz’acqua calda»

Il problema riguarda la stanza delle nutrici: «Poca sensibilità. Ci sentiamo prese e buttate lì, insicure e anche vulnerabili. L’Asl e la Regione risolvano la situazione»

29 gennaio 2023
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EMPOLI. La chiamano stanza delle nutrici. È la camera dove le neo mamme dimesse dopo il parto possono alloggiare, rimanendo all’interno dell’ospedale in attesa che anche il bambino possa lasciare l’ospedale. Una soluzione temporanea pensata per le mamme che devono allattare i neonati ricoverati per qualche motivo in pediatria. Ne esiste una anche all’ospedale San Giuseppe di Empoli: una stanza al secondo piano, a due passi dal reparto, che a detta di alcune madri sarebbe del tutto inadatta ad accogliere delle donne che hanno partorito da pochissimi giorni. È la protesta di una madre che, per la quarta volta, è diventata madre. Una gioia immensa, che le riempie il cuore di gioia. Ma con un velo di amarezza: mentre lei ha già potuto lasciare l’ospedale, la sua piccola dovrà restare ancora un po’ sotto osservazione. Ed è proprio a questo punto che la donna fa la conoscenza della stanza delle nutrici. «Non esiste sorveglianza, non c’è alcuna assistenza sanitaria e soprattutto non ci sono gli strumenti per lavarsi», racconta Erika Casalini di Marti, frazione del comune di Montopoli Valdarno, che lo scorso martedì è diventata mamma per la quarta volta con la nascita della piccola Matilde. «Non ho niente da ridire sul servizio che ho ricevuto durante il ricovero - precisa la donna - dove, a parte alcune eccezioni, ho trovato grande professionalità. Il problema è questa stanza, dove mi è stato proposto di alloggiare in attesa che venisse dimessa anche la mia bambina, ricoverata qualche giorno in più perché sotto peso». A sollevare la protesta di Casalini sono prima di tutto i servizi igienici. «Non ci sono né acqua calda né bidet, quindi senza possibilità di garantire un po’ di igiene personale - spiega la neo mamma -. Abbiamo il vaso per persone con disabilità con la doccetta, ma non è certo idoneo per una donna che ha ricevuto dei punti a seguito del parto. Senza contare che siamo fuori dal reparto, in fondo a un corridoio praticamente accessibile da tutti e senza un minimo di sicurezza. In tutto questo non abbiamo alcuna assistenza garantita: c’è un telefono per parlare col reparto e sapere quand’è il momento della poppata, ma non c’è un campanello per chiamare qualcuno. C’è soltanto un bottone di emergenza dietro il letto: due giorni fa ho provato a usarlo ma non è ancora arrivato nessuno». Una protesta condivisa da altre donne e raccolta spesso anche dall’Ufficio relazioni con il pubblico dell’ospedale empolese. «In tante si sono lamentate - riprende la donna - tra cui mia sorella che c’era già passata due anni fa, quando per colpa del Covid-19 fu costretta ad affrontare tutto il ricovero senza il marito. Nessuno pretende ovviamente un alloggio a cinque stelle, ma un minimo di sensibilità per delle donne che, a pochi giorni dal parto, sono ancora fisicamente ed emotivamente fragili».« Ci sentiamo prese e buttate lì, insicure e vulnerabili. È vero che siamo state dimesse e quindi saremmo pronte per tornare a casa, ma a casa abbiamo un marito e dei familiari che ci danno una mano», sottolinea ancora Casalini. Da qui, l’invito all’Asl Toscana centro e alla Regione Toscana perché prendano provvedimenti al più presto per risolvere questa situazione. «Specialmente in questi giorni dopo la tragedia di Roma (dove un neonato è morto soffocato nel letto dopo essere stato allattato dalla mamma, ndr) - conclude Casalini - in cui in Regione si discute di garantire sempre l’assistenza di un familiare alle donne che hanno partorito. Tutte le madri lo sanno: in quei giorni non hai la forza e neppure la lucidità. Serve più attenzione e sensibilità, soprattutto da parte delle altre donne che lavorano nelle corsie dell’ospedale».  RIPRODUZIONE RISERVATA

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