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«Otto volte in ospedale e poi via da solo» Il dolore di non poter curare il figlio disabile

daniele dei
«Otto volte in ospedale e poi via da solo» Il dolore di non poter curare il figlio disabile

Una madre invia una lettera virtuale al giovane con il quale non può stare da ottobre perché è in un centro per disabili 

30 aprile 2021
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la denuncia

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Siamo arrivati alle porte di maggio e lo strazio dei genitori dei ragazzi che si trovano all’interno dei centri residenziali per disabili dell’Empolese Valdelsa, vale a dire “Villa Fucini” e “La Ginestra” di Castelfiorentino, non trova pace alcuna. Oggi sono passati 204 giorni dall’8 ottobre dello scorso anno, quando i ragazzi di questi centri, 34 in totale, non hanno più avuto modo di ricevere un abbraccio dai propri genitori, questo anche dopo aver ricevuto doppia dose di vaccino contro il coronavirus.

Visto che non può vedere il figlio Francesco, una di queste mamme, Laura Corsi ha deciso di scrivergli una sorta di lettera virtuale tramite Il Tirreno che già in passato si era occupato della sua storia e degli altri ragazzi i quali, come lui, condividono questa situazione, spesso senza rendersi conto di cosa sia la pandemia e quel che ha cambiato il mondo in questo ultimo anno. Francesco ha 29 anni, è il più giovane ospite de “La Ginestra” ed è lì da sette anni. «La tua vita prima del Covid era attiva – scrive la mamma al figlio – ricordo bene quando frequentavi il centro diurno “Il Papiro” di Certaldo, facevi ippoterapia nel centro “Le Bollicine” di Sovicille e uscivi con i volontari della Misericordia di Certaldo. Soprattutto, era bello perché venivi spesso a casa più volte a settimana. A causa della tua forma di epilessia farmaco-resistente, da dicembre a oggi sei finito per otto volte in pronto soccorso di Empoli, riportando ferite profonde alla testa. Ti sono sempre stata vicino ma, dopo gli accertamenti e i punti di sutura, hai dovuto sempre attendere l’ambulanza che ti riportava a La Ginestra. È stato straziante vederti andare via senza di me, vedere la tua testa girata verso di me, i tuoi occhi che mi cercavano fino a che l’ambulanza non ti portava via. È stato doloroso vederti stare male e non poterti stare vicino come ho sempre fatto». La lettera fa emergere particolari strazianti di una famiglia divisa da troppo tempo: «Ti telefono tutti i giorni – scrive ancora mamma Laura a Francesco – dall’8 ottobre le tue prime frasi sono “Quando finisce la pandemia vengo a casa e ci dormo. Tu mi vieni a prendere con il Qubo, ti apro il cancello”. Oppure: “Quando vengo a casa si fa il presepe e l’albero di Natale”. Da qualche giorni mi chiedi: “La pandemia sta per finire, vero?” e poi mi ridici le cose di prima. Mi sento tolta la genitorialità». Anche i momenti più banali mancano come l’acqua: «Giorni fa ti ho visto in una foto girata dal personale della Ginestra, ti hanno rasato i capelli – prosegue la lettera – quando l’ho guardata ho provato un dolore devastante al cuore, perché fino a prima di ottobre io ho sempre provveduto a portarti dal barbiere Fabrizio di Certaldo, che ti chiede sempre se vuoi la gelatina e ti fa pescare le caramelle da un barattolo. Ho finito le energie, non ne possiamo proprio più delle risposte vaghe, addolcite e accomodate che non portano a niente di assessori, dirigenti Asl e cooperativa. Tutti ci dicono, dopo aver interpellato il comitato etico, che a oggi nessuna uscita è possibile, e stanno lavorando ed elaborando un piano per far si che ciò avvenga». Anche l’assessora regionale al sociale, Serena Spinelli, aveva promesso a suo tempo di rivolgersi direttamente al ministro della salute, Roberto Speranza, per sbloccare questa situazione, stilando un protocollo ad hoc sperimentale per la Toscana da magari applicare a tutto il resto del Paese.

Infine un appello dal cuore di una mamma: «Ti voglio riportare a casa – conclude Laura Corsi – con le dovute precauzioni ma lo voglio. Che reato avete commesso voi ragazzi, che già avete una vita limitata? Così è carceraria. Perché vogliono distruggere le poche risorse fisiche e psichiche che voi ragazzi avete? Io ti rivoglio come in quella fotografia, in cui eri abbracciato a tua sorella Chiara, insieme e felici». —

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